Si può ancora comprendere il dare tutto quello che si ha per un ospite (come accade per la vedova con il profeta Elia), ma offrire l’identico «tutto» per il tempio, meno. Tenendo conto che poco prima del passo evangelico proposto per questa domenica, l’evangelista Marco presenta Gesù che caccia i mercanti dal tempio.
Una vedova va al tempio per dare due spiccioli (oggi, pochi centesimi), che sono essenziali alla sua vita, ma inutili al Tempio poiché anche quello di Gerusalemme, come quasi tutti i templi, le cattedrali, aveva il cronico bisogno di restauri.
Nel vangelo secondo Matteo, Gesù dice che il Padre vede nel segreto.
Ora è il Figlio che osserva colei che non fa nulla per farsi vedere, anzi, tutto lascia ritenere che, data la modestia della sua offerta, desiderasse piuttosto non essere vista.
Quello di Gesù è uno sguardo non solo penetrante ma anche carico di pietas.
Egli scorge quel che gli altri non vedono, ignora invece quanto altri ostentano. Gesù è il solo a sapere che il soldo della vedova, agli occhi di Dio, vale più delle grosse somme versate dai ricchi.
E si rallegra: ecco una buona notizia da comunicare subito ai discepoli.
È bello immaginare il Maestro che convoca i suoi per dire loro: «Guardate quella donna, che cosa sta facendo, e imparate dal lei».
Gesù sta salendo a Gerusalemme e in quella vedova vede se stesso che fra un po’ donerà tutto quello che ha: la sua vita.
Questa misteriosa vedova è forse stata l’ultima maestra del Signore.
Appena dopo, Gesù paragona il suo corpo al tempio, che sarà distrutto, gettato via per trenta denari e poi ricostruito.
Come a dire: «il Regno di Dio è in mezzo a voi, io sono il tesoro sicuro in cui gettare quei due spiccioli di vita che avete in mano».
Legge di vita per l’umano è quella del donare. E questa capacità di dare, e dare come un povero non come un ricco, ha in sé qualcosa di divino.
Il verbo che Gesù contrappone al «divorare» degli scribi è «gettare», ripetuto sette volte nel nostro brano, un dare generoso e senza ritorno.
Il dono ha a che fare con la vita, ma anche con la morte.
Quando doni fai vivere altri, ma qualcosa di te muore, perché te ne privi.
I ricchi danno del loro superfluo, quindi non si espongono al rischio della morte, ma in quel modo fanno morire la logica del dono.
La vedova che ospita Elia, fa entrare in casa propria uno sconosciuto, uno straniero e condivide con lui l’ultima porzione di cibo che possiede. Questo segno di generosità cambierà la sua vita: in casa sua non verranno mai più a mancare l’olio e la farina.
Chi dona riceve il centuplo e fa esperienza che c’è più gioia nel dare che nel ricevere.
Queste due donne vivono come Dio: il Padre, infatti, donando il Figlio non ha dato il superfluo, ma ciò che di più prezioso aveva.
E il Figlio donerà tutto se stesso, perché quella è l’unica logica del dono.
Immagine: James Christensen, L’obolo della vedova, 1988.