Poitaud è un giovane uomo di successo, ha una moglie, sua collega Jacqueline (completamente al suo opposto) e un figlio, è allo stesso tempi proprietario e direttore di un settimanale “Toi” che vende un milione di copie. Un uomo intelligente e cinico, ma allo stesso tempo superficiale, mondano, donnaiolo incallito e gran bevitore. Una sera piovosa di ottobre Alain Poitaud trova ad aspettarlo davanti al portone di casa un ispettore della Polizia giudiziaria. Poco dopo si sentirà dire che sua moglie Jacqueline ha ucciso la sorella minore, Adrienne, con un colpo di pistola, chiudendosi poi in un mutismo assoluto.
Sappiamo già tutto in un giallo che ha dunque poco da rivelare: sappiamo chi ha ucciso chi, come, perché e quali sono le relazioni tra i personaggi. Ed è strano ma non per un genio come Simenon, a cui non interessa il giallo ma portarci nella prigione fisica, mentale e dell’animo in cui spesso finisce l’uomo. In prigione c’è Jacqueline, ovviamente, che praticamente si autodenuncia facendosi trovare con l’arma in mano accanto al corpo della sorella, che ha guardato agonizzare.
Ma è la prigione in cui è immischiato Alain che interessa a Simenon, una prigione fatta di mille celle segrete di un uomo che apparentemente ha tutto, successo, denaro, fama, donne ma che è un uomo superficiale e del tutto incapace di vedere e accorgersi degli altri. Ha sempre desiderato sottrarsi alla vita borghese che i genitori avevano pensato per lui e credeva di esserci riuscito, con un lavoro mondano di successo, ma ora si trova in un labirinto di dubbi che non riesce a districare perché anaffettivo, amorale, centrato solo su se stesso e i suoi bisogni da soddisfare a qualsiasi costo, calpestando le vite degli altri.
Un capolavoro difficile da interrompere una volta iniziato.
La prigione
di Georges Simenon
Adelphi
18 euro