Giuseppe Penone è un cuneese che ha conquistato il mondo con la sua arte. Nato a Garessio nel 1947, vive e lavora a Torino. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Torino, dove conosce Giovanni Anselmo e Michelangelo Pistoletto, con i quali entra a far parte del movimento dell’arte povera nel 1967. Espone per la prima volta nel 1968 al Deposito d’Arte Presente opere realizzate con materiali non convenzionali quali piombo, rame, cera, pece, legno, che in alcuni casi implicano persino l’azione naturale degli elementi (Scala d’acqua: corda, pioggia, sole). Nel bosco di Garessio l’artista mette in atto una serie di performance vòlte a sondare le possibilità che l’uomo ha di interagire con la natura e di modificarla, intervenendo, ad esempio, nel processo di crescita degli alberi (Alpi Marittime, 1968. Nella sua arte, il processo di attuazione è parte integrante dell’opera e sono le azioni compiute dall’artista in rapporto dialettico con quelle naturali, che danno forma alla materia. L’albero, “idea prima e più semplice di vitalità, di cultura, di scultura”, è un elemento centrale nel suo lavoro. Nel 1970 inizia a indagare il rapporto tra il corpo umano e l’ambiente esterno, questa volta cittadino e, in sintonia con le tendenze della body art, realizza opere quali Rovesciare gli occhi e Svolgere la propria pelle (1971), che individuano nell’epidermide umana la superficie di confine e di dialogo tra l’“io” interno e il mondo. Deriva da qui l’uso del calco e del frottage, che permettono all’artista di partire da un’immagine tanto automatica quanto inconscia come l’impronta, che poi questi rafforza con il disegno (Pressione, 1974). L’idea del contatto come generatore di memoria e di cambiamento diventa preminente nei lavori in terracotta della metà del decennio (Vaso, 1975; Soffio, 1978), giocate sulla proiezione all’esterno di ciò che il corpo contiene o della pelle che lo riveste.La stessa idea è alla base dei grandi alberi in bronzo destinati a spazi pubblici: il Pozzo di Münster, compiuto nel 1987 per la prima edizione di “Skulpture Projects”; Faggio di Otterloo nel parco del Museo Kröller-Müller (1988); l’Albero delle vocali inaugurato nel 2000 alle Tuileries di Parigi, Elevazione a Rotterdam (2000-01) o Foglie di pietra a Roma (2017). Analogamente alla pelle, le unghie sono un elemento sensoriale e di rapporto con l’esterno, ispirando una serie di grandi sculture in vetro realizzate dal 1987 ed esposte nel 1998 al Musée Rodin di Parigi a contatto con materiali differenti. Un’Unghia, realizzata fra il 1988 e il 1994, è installata all’esterno del complesso edilizio I-Land a NishiShinjuku (Tokyo).
Penone ha rappresentato l’Italia alla 52° Biennale di Venezia del 2007 e ha tenuto mostre personali in importanti istituzioni italiane ed estere, tra cui Stedelijk Museum (1980), National Gallery of Canada di Ottawa (1983), Castello di Rivoli (1991), Toyota Municipal Museum of Art (1997), Centre Georges Pompidou (2004, 2022), Château de Versailles (2013), MART di Rovereto (2016), Rijksmuseum (2016), Galleria degli Uffizi (2021), Philadelphia Museum of Art (2022), Galleria Borghese (2023). Le sue opere sono nei più noti musei del mondo.A Tokyo, nel 2014, ritira quello che viene considerato il “Nobel dell’Arte”: il Praemium Imperiale, per la scultura alla presenza del principe giapponese Hitachi, patrono onorario della japan Art Association”.
“Quello di Penone – scrive Francesco Stocchi – è un universale plurale e senza teleologia: un gesto di esistenza continuamente e naturalmente riproposto senza alcun demiurgo che ne detti le intensità e le somiglianze. Un universale che risiede quindi nel frammento dell’istante che si svolge – la pelle che si riduce – formalmente espresso nella scrittura o nella scultura. L’uso poetico del reale diventa allora un processo di dilatazione/apparizione di tale innesto dell’esistenza: come nel celebre gruppo scultoreo di Apollo e Dafne che sono due e rimangono due, perennemente colti nel momento confuso del loro contatto. Dopo essersi persi nelle protuberanze silvane che invadono – cambiano – il corpo della ninfa, in una visione di insieme il gruppo scultoreo riesce a dare vita a una drammaturgia forsennata quanto elementare: qui Apollo non crea,ma subisce davanti ai suoi occhi un cambiamento per lui amaro (come il nuovo corpo-alloro della Ninfa); allo stesso tempo Dafne non muore, metamorfosandosi invece in un’altra vita. L’universalità della scena di Bernini, come l’uso poetico del reale Penone, risiede proprio nell’abbandono di queste due categorie – creazione e morte – e nella scelta di rimanere nella vitale tragicità del contatto tra di esse”.
“L’arte di Penone esplora i fondamenti della scultura come modo di conoscere e comprendere empiricamente il mondo – spiega Carolyn Christov-Bakargiev -. Penone percepisce il mondo e la vita in modo scultoreo, toccandone e accarezzandone le parti costitutive”.
Alla Fondazione Ferrero di Alba fino al 16 febbraio con ingresso gratuito il mercoledì, il giovedì e il venerdì dalle ore 15 alle 19 e il sabato, la domenica e i festivi dalle 10 alle 19 è possibikle vedere una personale Giuseppe Penone. Impronte di luce, un’ampia retrospettiva curata dal danese Jonas Storsve, in collaborazione con l’artista. La mostra presenta oltre cento opere, offrendo una narrazione visiva dell’ampia produzione artistica. L’esposizione affronta il tema dell’impronta attraverso diversi linguaggi artistici, dal disegno alla fotografia, dalla scultura all’intaglio, offrendo una panoramica delle tecniche e dei materiali utilizzati da Penone. L’impronta, nella sua visione, diventa il simbolo del legame tra superfici differenti e trova la sua piena espressione nella natura, concepita come un ecosistema complesso in cui ogni elemento, dall’uomo alle foglie, dagli alberi alla terra, è interconnesso. È un viaggio non cronologico, ma tematico, attraverso linguaggi e materiali. Si parte naturalmente dal legno, il materiale preferito del Penone dell’arte povera con i tronchi dei boschi cuneesi da lui tagliati, scavati e lavorati.