C’è voluta una quarantina di giorni dal voto europeo dell’8/9 giugno, e non poche altra traversie nel frattempo, ma da oggi (giovedì 18 luglio) l’Unione Europea ha completato il quadro dei Vertici UE con la presidenza della Commissione europea affidata, per un secondo mandato, a Ursula von der Leyen.
E’ stato un percorso istituzionale accidentato: prima con il vertice europeo dei capi di Stato e di governo il 27 giugno, dove l’Italia si è isolata astenendosi sulla candidatura di Ursula von der Leyen ed esprimendosi contro le altre due designazioni, quella del socialista portoghese Antonio Costa alla presidenza del Consiglio europeo e della liberale estone Kaja Kallas come Alto Rappresentante per la politica estera. Sono seguiti i due turni elettorali francesi per l’Assemblea nazionale, con l’intermezzo extra-UE (ma mica tanto) della schiacciante vittoria dei Laburisti nel Regno Unito; il 16 luglio il largo consenso alla maltese Roberta Metsola alla presidenza del Parlamento europeo e, finalmente, la poltrona più importante affidata a Ursula von der Leyen con 401 voti in favore, 284 contro, 15 astensioni e 7 schede nulle.
I numeri del risultato finale non dicono tutto di questa contrastata contesa, anche perché il voto segreto non consente di disegnare una mappa precisa della nuova configurazione politica del Parlamento, ma già dice abbastanza di una maggioranza composita, con probabili defezioni al suo interno ma con soccorsi decisivi da parte dei Verdi: il tutto a testimoniare una certa fragilità che annuncia una legislatura di maggioranze fluide, ma intanto mette al sicuro la nuova plancia di comando UE.
Se questo risultato non fosse stato raggiunto nella votazione di oggi (che l’estrema sinistra chiedeva di rinviare) si sarebbe aperta una crisi istituzionale al buio, non proprio quello che l’UE si può permettere nell’attuale contesto geopolitico, con due guerre in corso e a pochi mesi dal voto presidenziale americano.
Restano molti interrogativi aperti, in particolare per valutare il consenso dato ad Ursula dai Verdi e dalla maggioranza al governo in Italia. Per quest’ultimo, nessun problema per due sue componenti: in favore Forza Italia e contro la Lega, sospeso fino all’ultimo il voto imbarazzato di Fratelli d’Italia. Nonostante le molte riserve segnalate sono venuti in soccorso di Ursula i Verdi, con l’obiettivo di difendere democrazia e progetto europeo.
I toni degli interventi, in particolare da parte delle opposizioni, sono stati molto accesi tanto dall’estrema destra che dall’estrema sinistra, in un contesto politico fortemente polarizzato nel quale ha trovato posto da parte della candidata-presidente un severo commento ai comportamenti di Orban, accompagnandolo con la proposta di creare uno “scudo per la democrazia” per difendere lo Stato di diritto minacciato all’esterno da molti autocrati e all’interno da nazional-populisti rafforzatisi nelle ultime elezioni.
Le linee programmatiche annunciate da Ursula von der Leyen hanno rappresentato un esercizio acrobatico di equilibrio con molte aperture, ma anche con non poche rassicurazioni alle forze più critiche all’interno della sua maggioranza. L’obiettivo, almeno in questa fase, era quello di “dare qualcosa a tutti”, senza troppe sorprese, anche per non averne al momento del voto.
Adesso, confermata Ursula von der Leyen per un secondo mandato alla presidenza della Commissione, si procederà alla composizione del Collegio dei commissari e vedremo che cosa porterà a casa il governo italiano, se sarà il riconoscimento dovuto al Paese fondatore o un messaggio ancora un avvertimento ad una forza politica, Fratelli d’Italia, ancora in mezzo al guado e in difficoltà ad uscire dalle sue molte ambiguità di questi due ultimi anni al governo.