A riprenderla mentre dava in escandescenze contro gli agenti di Polizia municipale era stato il consigliere comunale Giancarlo Boselli che in aula aveva riferito di non ricordare insulti specifici ma di aver visto gli agenti che cercavano di calmare la donna mentre questa gli urlava contro. I fatti erano avvenuti in corso Giolitti vicino alla sede di Polizia locale; gli agenti si erano avvicinati al piccolo assembramento di persone raccolte intorno alla donna nell’intento di calmarla. S. A. di origine rumena era alterata dall’alcol e si agitava perché non riusciva a rientrare in casa. “Tutti i testimoni hanno riferito di averla sentita urlare, come il testimone Boselli anche se non ricordava nelle specifico se erano stati proferiti insulti”, ha concluso il pubblico ministero nella sua requisitoria. Stando alle testimonianze raccolte, la donna avrebbe insultato con parolacce gli agenti di Polizia Municipale, minacciandoli di dare fuoco alla loro sede di corso Giolitti se si fossero azzardati a chiamare l’ambulanza. Dagli insulti la donna però sarebbe anche passata alle vie di fatto tentando di sfilare la pistola a uno dei due agenti e di colpirlo con un calcio. Aveva anche lanciato una bicicletta contro alcuni passanti e dopo la lite con un uomo aveva danneggiato i vetri di un’auto con una cintura: “La signora era stata già condannata per un danneggiamento di cose esposte alla pubblica fede: antisocialità e mancanza di autocontrollo e freni inibitori sono stati dimostrati in entrambe le situazioni”, aveva concluso il pubblico ministero chiedendo per l’imputata la condanna a nove mesi di reclusione. Per la difesa invece il reato di oltraggio non era stato provocato al di là di ogni ragionevole dubbio perché le offese devono essere proferite alla presenza di più testimoni, mentre in quel caso il consigliere comunale Boselli non era stato in grado di riferire nel dettaglio cosa stesse urlando la donna che tra l’altro era in stato di alterazione a causa dell’alcool, un elemento che connoterebbe la mancanza dell’elemento soggettivo e per questo ne aveva chiesto l’assoluzione. Una richiesta rigettata dalla giudice che ha condannato la donna a 9 mesi di reclusione con revoca della sospensione condizionale.