Si è concluso con la piena assoluzione il processo a carico di G. C., fisioterapista saluzzese accusato di interruzione di pubblico servizio e minacce a pubblico ufficiale. Nel settembre 2021, quando era in corso la campagna vaccinale contro il covid, l’uomo si era recato all’hub vaccinale dopo aver mandato una serie di mail all’Asl cuneese, di chiarimenti sulla natura del vaccino e in particolare se questo fosse in grado solo di attenuare gli effetti più gravi della malattia o se fosse in grado di prevenirla come previsto dalla legge. Nell’ultima mail inviata all’azienda sanitaria, gli fu risposto che questa informazione l’avrebbe dovuta chiedere al medico vaccinatore e così lui fece. All’interno dell’hub però la situazione si fece subito un po’ tesa; lui si era presentato con un’amica che facesse da testimone e aveva registrato la prima parte della conversazione col medico di turno. Quando questa si alzò per chiedere lumi alla dirigenza della Asl riguardo le informazioni richieste dall’uomo, lui chiamò anche il proprio avvocato: “Volevo solo confrontarmi su quello che era un obbligo cui ero tenuto per poter continuare a lavorare, ma che non mi tornava sia dal punto di vista scientifico sia giuridico. l’Asl mi rimandava al medico vaccinatore ma questo sosteneva che non era autorizzato a rispondere. Io non sapevo più cosa fare e intanto i sanitari che erano presenti mi facevano sentire come accerchiato, il fatto che mettessi in discussione la procedura era una cosa mai avvenuta, dicevano, e pensavano che li stessi prendendo in giro”. Dopo più di un’ora si arrivò a concordare la sottoscrizione di un documento in cui la dottoressa dell’azienda sanitaria dichiarava di non essere autorizzata a fornire le informazioni richieste dall’uomo e la cosa sembrava essere chiusa lì, se non fosse che l’uomo quel giorno stesso si vide recapitare la lettera di sospensione dalla propria attività. A quel punto inviò alla dottoressa una mail in cui le faceva presente che il suo comportamento era grave e la sua condotta omissiva del dovere di informazione che si deve a un paziente, minacciando un esposto. Secondo l’accusa, dall’istruttoria era però emerso che quei chiarimenti richiesti all’interno dell’hub avevano creato un rallentamento solo perché c’era un solo medico vaccinatore in quel momento, un fatto non imputabile all’imputato, mentre a lui si doveva ascrivere il reato di minacce in seguito all’invio della mail e per questo è stata chiesta una condanna a sei mesi di reclusione. Secondo l’avvocato di parte civile però l’interruzione di pubblico servizio c’era stato perché il vero intento dell’uomo era quello di provocare il personale sanitario che stava svolgendo un servizio previsto dalla legge e per questo ha chiesto un risarcimento di 260 euro pari al compenso orario dei sanitari coinvolti e per il danno di immagine. “Se il consenso informato non è una richiesta bizzarra ma un diritto dei cittadini allora non ci può essere perdita di tempo”, ha replicato il difensore dell’uomo che ha anche ricordato che pochi mesi fa il direttore del servizio di igiene e sanità pubblica dell’Asl cuneese era stato assolto dall’accusa di omissioni d’atti d’ufficio perché non spettava a lui fornire informazioni sulla natura del vaccino avanzate da un’infermiera, ma al medico vaccinatore: “E allora non si può giocare a rimpallarsi le risposte l’un con l’altro. E non si può considerare una minaccia la richiesta di un controllo sull’operato di un pubblico ufficiale”, ha concluso l’avvocato chiedendo l’assoluzione del proprio assistito che è stata accolta dalla giudice.