Dopo aver provocato un incidente stradale in cui rimasero coinvolte due auto che si scontrarono frontalmente nella borgata Carassone, non si sarebbe fermata e non avrebbe prestato soccorso alle occupanti dei due veicoli che erano rimaste ferite nello scontro; per questo H. L., giovane donna di origini marocchine, era stata rinviata a giudizio davanti al tribunale di Cuneo per l’incidente che si verificò nel maggio 2021 e di cui si parlò molto in città perché per riuscire a individuare il responsabile erano stati anche messi degli appelli sui giornali locali. Quando i militari si presentarono a casa sua riscontrando ancora i segni dell’urto sulla carrozzeria della sua auto, la donna confessò tutto dicendo di essere stata presa dal panico. Una delle due signore coinvolte nell’incidente rimase incastrata all’interno dell’auto e fu necessario l’intervento dei Vigili del fuoco per tirarla fuori dall’abitacolo. In seguito tutte e due le donne vennero risarcite dall’assicurazione ma restava il risvolto penale a carico della donna che stando alle testimonianze dei presenti, non si sarebbe fermata sul luogo dell’incidente e non avrebbe prestato alcun soccorso alle due ferite. “Non si fermò se non per pochi minuti, un tempo non idoneo a mettere in atto le condotte previste dalla legge – aveva detto in aula il pubblico ministero Alessandro Borgotallo – e cioè rendersi identificabile, prestare soccorso e chiamare le forze dell’ordine. Ha invece fatto tutt’altro, chiamando il fratello che, stando alle dichiarazioni di una delle due donne ferite, le avrebbe anche minacciate di non riferire nulla ai militari. L’imputata dal canto suo aveva anche ammesso di aver letto i giornali e di sapere che la stavano cercando”. Secondo l’accusa l’istruttoria era stata poi resa più complicata dalla testimonianza del fratello dell’imputata e di una donna che abitava lì vicino e che conoscendo l’imputata, nel tentativo di scagionarla, aveva riferito al giudice una versione completamente diversa da quanto accaduto e riferito dagli altri testimoni. Per questo nel chiedere la condanna dell’imputata a dieci mesi di reclusione, aveva chiesto anche la trasmissione degli atti alla Procura per verificare la sussistenza del reato di falsa testimonianza per questi due testimoni. Per l’avvocato di difesa Sara Ambrassa però l’ultima testimone chiamata dal giudice aveva chiarito in maniera oggettiva che la sua assistita si era fermata sul luogo del sinistro e non era immediatamente scappata via. La testimone infatti aveva riferito che era stata costretta a fermare l’auto perché la strada era bloccata: “C’erano persone che guardavano ma nessuno aveva ancora chiamato i soccorsi e lo feci io. C’erano le due signore sulle auto incidentate e poco più giù un’altra auto con vicino una giovane donna”. Per quanto riguardava l’accusa di mancato soccorso, l’avvocato si è appellata al fatto che una delle due donne era scesa da sola dalla vettura mentre l’altra era rimasta incastrata nell’abitacolo e occorreva aspettare i soccorsi, che infatti arrivarono di lì a poco. La ricostruzione però ha parzialmente convinto il giudice che ha accolto la richiesta di assoluzione per quanto riguardava l’accusa di non essersi fermata dopo l’incidente, ma ha condannato la donna a otto mesi per il mancato soccorso, con pena sospesa e un anno di sospensione della patente (immagine di repertorio).