Negli Stati Uniti per il momento è amaro il bilancio per chi ha scommesso sui cibi sintetici.
Lo scorso anno era arrivato il primo via libera alla commercializzazione di carne di pollo prodotta in laboratorio dalla californiana “Upside Foods”, ma la rivista tecnologica dell’autorevole Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston ha inserito l’operazione di “Upside Foods” tra i più grandi fallimenti scientifici del 2023. Secondo l’analisi del Mit, nonostante il via libera alla commercializzazione, non vi sarebbe ancora traccia di prodotti di laboratorio nei supermercati americani e la produzione su larga scala risulterebbe più problematica del previsto.
In particolare diverse inchieste giornalistiche Usa, a partire da quelle del “Wall Street Journal”, hanno evidenziato che la startup “Upside Foods” utilizzava molta manodopera, plastica ed energia per produrre pochissimi filamenti di pollo.
“La cosa non ci sorprende – commenta il presidente di Coldiretti Cuneo, Enrico Nada – e per fortuna in Italia lo abbiamo già capito, merito di una cultura più attenta alla provenienza, alla salvaguardia della biodiversità e alla filiera”.
Non è un caso che sette italiani su dieci (70%), secondo un’indagine Coldiretti/Censis, siano contrari alla messa in commercio del cibo artificiale prodotto in laboratorio, dalla carne di pollo a quella bovina, per le perplessità sugli effetti a lungo termine sulla salute umana e sull’ambiente.