A investire nei cibi artificiali sono tra gli uomini più ricchi e influenti al mondo.
Molte delle loro fortune si sono spesso giocate sullo sfruttamento di posizioni dominanti sul mercato e questo spiega perché tali prodotti siano gelosamente protetti da brevetti e una parte dei loro ingredienti e tecnologie resta coperta da segreto commerciale.
Il tema è sempre lo stesso: non il cibo che si produce nel mondo, ma la sua distribuzione tra gli Stati e al loro interno. È inverosimile pensare che spostare la produzione di cibo dalla campagna al laboratorio migliori lo stato della fame nel mondo.
Ciò che si delinea all’orizzonte sono veri e propri monopoli dell’intera filiera del cibo. È la conseguenza del cibo brevettato: lo si protegge per trarne profitto, non per sfamare il mondo. La sicurezza e la sovranità alimentare dei popoli saranno delocalizzate negli impianti e nei brevetti dei produttori e, quindi, più vulnerabili.