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Venerdì 22 novembre 2024

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43 milioni del Pnrr per l’acqua pubblica della provincia andati in fumo

Saltato il finanziamento su efficientamento e riduzionidelel perdite, i gestori pubblici avevano cercato di sopperire ai privati, rimodulando il progetto, ma non è bastato, unica speranza il Tar

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La Guida - 43 milioni del Pnrr per l’acqua pubblica della provincia andati in fumo

Addio, questa volta sembra in modo definitivo, al finanziamento Pnrr di 43 milioni sull’innovazione, efficientamento e riduzione delle perdite della rete idrica dell’Ato, l’Ente di Governo dell’Ambito 4 Cuneese dell’acqua.

La bocciatura definitiva sembra essere arrivata dal ministero delle infrastrutture, nonostante i virtuosi tentativi dell’Ato 4 Cuneese e di Cogesi, la consortile tutta pubblica della Granda, di salvare i finanziamenti che erano stati assegnati e poi rimasti in stand by.

Tutti i soggetti dell’Ato, anche i gestori misti che facevano necessariamente parte dei progetti Pnrr presentati (perché il Piano prevedeva il coinvolgimento di tutta l’area omogenea), dovevano firmare una Rti, un raggruppamento temporaneo di imprese, per gestire l’importante finanziamento, vitale per il rinnovo della rete idrica, ma i gestori privati cessati del gruppo Aeta (Alpi Acque, Alse e Tecnoedil), quelli delle aree dell’albese, roero, saluzzese, fossanese e saviglianese, che fanno parte del gruppo Egea, alle prese con la più grande operazione di salvataggio dal fallimento in Italia, si erano tirati indietro e non avevano firmato. I gestori pubblici Cogesi, Acda, Infernotto, Calso più Mondo Acqua, che solo ora sta diventando pubblica, per cercare di “salvare il salvabile” avevano sottoscritto la Rti. Ma il ministero sembra non abbia accettato neppure la rimodulazione del progetto.

Il ventilato rischio che a perdere i soldi Pnrr fosse tutta la provincia si è verificato proprio mentre i privati sono in attesa del pagamento del Vr (valore residuo) che li escluderebbe di fatto dalla gestione del sevizio idrico integrato. Dopo il danno anche la beffa. 43 milioni di finanziamenti, fondamentali per rimettere in sesto la rete, evitare sprechi e far sì che i cittadini non vedano in futuro aumentare in modo esponenziale le loro bollette, andati in fumo. Unica speranza, se il diniego del ministero sarà confermato definitivamente, è quella del ricorso al Tar.

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