Anche rispetto allo sviluppo incontrollato delle nutrie, è l’uomo ad avere la principale responsabilità. La nutria, conosciuta come “castorino”, è un roditore di media taglia, tipico degli ambienti acquatici; è stato importato in Italia nel 1929 e negli anni ‘70 è stata oggetto di diffuso allevamento per la produzione di pellicce.
Successivamente, venuto meno l’interesse commerciale, questi animali sono stati, deliberatamente o meno, liberati nell’ambiente dove si sono “naturalizzati” e, in particolare nei contesti a loro più favorevoli, sono divenuti invasivi grazie anche al loro elevato tasso di riproduzione ed alla pressoché assenza di competitori. La loro diffusione capillare coinvolge anche la provincia di Cuneo.
Le nutrie stanno causando danni ingenti alle coltivazioni stimati a livello nazionale pari ad alcuni milioni di euro all’anno.
Inoltre, provocano danni alle strutture idrauliche. Le nutrie prediligono l’ambiente acquatico e sono solite scavare gallerie e tane ipogee con sviluppo lineare anche di diversi metri: ciò può rappresentare un rischio per la tenuta delle arginature di corsi d’acqua naturali, di canali di irrigazione e di scolo e bacini artificiali, in particolare in occasione di piene.
Non da ultimo, le nutrie danneggiano l’insieme di specie vegetali e faunistiche che vivono in quell’ambiente naturale e hanno stretto fra loro rapporti di interrelazione e interdipendenza. Infatti, la nutria si alimenta con una grande varietà di materiali vegetali di diverse specie di cui preleva foglie, steli e radici; in genere seleziona le parti di piante con il più alto valore nutritivo, scavando o cercando in acqua radici e tuberi ricchi di energia e lasciando la maggior parte della pianta non consumata.
Questo “sovrapascolamento” attuato dalle nutrie provoca un deterioramento qualitativo degli ambienti umidi, provocando profonde alterazioni degli ecosistemi e portando al rischio di estinzione locale della flora e della fauna associate a quegli ambienti.