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Venerdì 22 novembre 2024

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Per quali vie San Dalmazzo è arrivato a Pedona?

L’evangelizzatore delle Alpi Marittime proveniva dalla Gallia?

La Guida - Per quali vie San Dalmazzo è arrivato a Pedona?

 

Le località indicate nelle "Passiones" di San Dalmazzo

Le località indicate nelle “Passiones” di San Dalmazzo

I cenni sulle antiche strade delle valli che convergono su Borgo San Dalmazzo, presentati sulle pagine di questo giornale lo scorso autunno, e delle due principali arterie antiche che collegavano Pedona alle città romane della pianura, cioè Augusta Bagiennorum e Pollentia, sono la premessa per cogliere meglio le vie su cui sono transitati coloro che hanno portato i germi del Vangelo in queste terre. Come già indicato all’inizio di questi percorsi, se è opinione comune che Gesù Cristo

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]non sia nato all’ombra di qualche campanile locale, non altrettanto si tiene conto che la vita cristiana non è semplicemente accolta una volta per proseguire autarchica in un singolo ambiente, ma ha bisogno ad ogni generazione di essere ravvivata dalla linfa evangelica che si rinnova e circola grazie a testimoni che lo Spirito continua a suscitare qua e là e diffonde come semi di nuove primavere. 

Eccoci quindi, in questo autunno di un’epoca, a ricercare i percorsi delle semine evangeliche sul territorio cuneese per renderne grazie allo Spirito del Signore Gesù ed ai suoi testimoni, ma anche per trarre speranza che dai frutti di altre rigogliose stagioni della cristianità, che ora sta spogliandosi di foglie e di rami, potranno spandersi nuovi germogli.   

San Dalmazzo, un martire troppo in anticipo per il Piemonte 

Pur tra alti e bassi di considerazione, le scoperte archeologiche nella chiesa di San Dalmazzo a Borgo San Dalmazzo hanno ridato credito al fatto che la prima testimonianza cristiana per il territorio cuneese sia dovuta a San Dalmazzo.
L’appassionato studio di Alfonso Maria Riberi, culminato nel suo poderoso volume “S. Dalmazzo di Pedona e la sua abazia”, edito nel 1929, che ascriveva il martirio del Santo al 253/254, aveva suscitato perplessità anche tra i Bollandisti ed esperti di cristianesimo antico come Francesco Lanzoni, che scriveva al Riberi: “Un martirio in Piemonte circa nel 250 non mi sembra molto probabile” (cfr. Alfonso M Riberi, “R.A.M – Repertorio di antiche memorie”, Cuneo, 2006, p. 1385).
Il dubbio se possa esserci stato un martire in Piemonte prima delle persecuzioni di Diocleziano del 303-305 è collegato alla tradizione che vede nell’Italia Nord-occidentale i primi martiri solo  fra i vari militari, venuti per lo più dall’Oriente, che furono vittime a causa del rifiuto del giuramento loro richiesto dal tetrarca Massimiano, che comandava l’Italia. Emblema di questi martiri militari sono quelli della Legione Tebea con il loro comandante san Maurizio, a cui vennero poi iscritti decine di martiri in Piemonte, arruolati per l’onore dei Savoia.  Ma recentemente studiosi meno prevenuti tendono a non fare di ogni erba un fascio ed invitano a riconsiderare meglio i “legendari” “dei santi martiri Solutore, Avventore e Ottavio, sicuramente antichi, su cui aveva già predicato Massimo I° di Torino, e quello relativo a San Dalmazzo di Pedona ed al suo ciclo (insieme piuttosto confuso, ma di rispettabile antichità e di notevole interesse)” (cfr. F. Bolgiani e G. Wataghin Cantino, “La cristianizzazione dell’Italia Nord-occidentale  fra IV e VIII secolo”, dispense Università di Torino, 1988, pp. 35-36).
Il sospetto che non ci siano martiri prima del 300 diventa certezza in base al pregiudizio della cultura sabauda per cui non si danno eventi significativi in periferia prima che siano accaduti nella capitale piemontese, salvo prove inconfutabili. Questo vale anche per l’ipotesi che San Dalmazzo sia arrivato in Piemonte senza passare da Torino. Ed invece le pur confuse notizie del santo evangelizzatore citano Torino solo come sede diocesana, estranea alla missione di San Dalmazzo.

San Dalmazzo, un forestiero a Pedona per evangelizzare le Alpi Marittime?

Tra le ingarbugliate notizie sull’origine di San Dalmazzo risulta certo che non fosse nato a Pedona. Il riferimento che fosse oriundo della Germania da una famiglia prefettizia e di parentela imperiale ha portato il Riberi a collegare ipoteticamente San Dalmazzo al ceppo da cui venne l’imperatore Costantino, originario appunto della Germania, che nel terzo secolo era la provincia lungo il Reno, con centri importanti come Treviri (dove nacque Sant’Ambrogio) e Magonza (e questa è stata indicata dal Meyranesio come città natale di San Dalmazzo).
L’ipotesi di leggere Germania come corrispondente alla località di Forum Germa non ha credito, al pari di quanti suppongono un’origine albese del santo, dal momento che pare abbia avuto un primo periodo di missione ad Alba.
Tenendo conto che lo sviluppo del cristianesimo nella Provenza e lungo il Rodano fino al Reno precedette almeno di un secolo la strutturazione della chiesa in Piemonte, l’arrivo di San Dalmazzo da oltralpe può essere ragionevole.
Accogliendo con le dovute riserve le località in cui il santo avrebbe operato, si incontrano Alba, Pavia e Milano ed infine Pedona e Castrum Auriatensium; si tratta di una probabile geografia di epoca longobarda, incentrata su Pavia, in cui tradizioni letterarie tardive hanno posto San Dalmazzo come vescovo e martire. Un importante documento, forse di epoca carolingia, l’ “Additio moccensis”, collega al culto di San Dalmazzo i santi Vittore, Secondo e Marciano, i cui corpi sono venerati rispettivamente nelle città di Pollenzo, Asti e Tortona, oltre ai martiri Avventore,  Ottavio e Solutore della sede episcopale di Torino e Sant’Eusebio confessore di Vercelli. Si aggiunga San Saturnino (martire a Tolosa nel 250) con cui San Dalmazzo avrebbe annunciato la Parola di Dio a Marsiglia, e si completa il quadro per l’oltre Alpi.
Ne risulta un itinerario che ripercorre il tracciato delle romane via Fulvia e via Iulia Augusta, di cui si è dato notizia in articoli precedenti.

La continuità del luogo di culto di San Dalmazzo nel sito di una necropoli romana

Il martirio di San Dalmazzo sarebbe avvenuto al suo rientro da Marsiglia presso un difficile guado sul Vermenagna di fronte al Castrum Auriatensium. Secoli dopo la località del martirio venne segnata dalla costruzione di una cappella, il cui sito archeologico non è mai stato indagato. La data dell’evento è fissata al 5 dicembre (nonis decembris).
Mentre la così detta “Passio Pedonensis” si dilunga nei particolari mirabolanti del martirio e della sepoltura, nell’“Addittio moccensis” si pone la questione se San Dalmazzo sia passato al Signore per il martirio o per esemplare professione di fede. Questo particolare ha dato ulteriore motivo alla critica moderna di mettere in dubbio anche l’esistenza stessa del santo.
I dati acquisiti dalle recenti scoperte archeologiche nel complesso della chiesa parrocchiale di Borgo San Dalmazzo hanno certificato la continuità di culto dalla necropoli romana alla prima chiesa, datata dagli archeologi al VI secolo su una precedente probabile “cella memoriae”, cioè monumento funebre per evidenziare una sepoltura particolare.
Proprio questa continuità di culto sorta su una necropoli pagana, con passaggio da tombe ad incinerazione a quelle ad inumazione, attorno al III secolo (cioè verso il 250, nel periodo della tradizionale data del martirio del santo), depone a favore del martirio, perché sarebbe troppo improbabile per quell’epoca la venerazione di una tomba di un cristiano laico, che non fosse stato martirizzato.

Quali prospettive per le radici cristiane delle nostre terre?

L’accostamento del culto a San Dalmazzo, proseguito per secoli, con le variopinte tradizioni letterarie, che lo hanno arricchito di miracoli fantasiosi, fa parte del cammino della religiosità popolare, più desiderosa di reliquie da baciare e miracoli da raccontare, che dei contenuti dell’annuncio della Parola di Dio e della coerenza di vita del santo.
Le contraddizioni delle tradizioni su San Dalmazzo erano tali da metterne in dubbio l’esistenza, tanto che nel 1817 non si era potuto dichiararlo patrono della nuova diocesi di Cuneo. La sua memoria era scomparsa anche dal calendario liturgico regionale e diocesano. Ora, con l’ausilio di scienze estranee alla trasmissione della fede, si sono documentate le radici del culto dell’evangelizzatore del nostro territorio. Il 23 giugno 2017 la Congregazione del Culto Divino ha confermato San Dalmazzo martire come patrono secondario della diocesi di Cuneo.
Si tratta di un percorso d’autunno: mentre sono cadute le foglie di certe devozioni, si sono ritrovate le radici da cui era partito il germoglio dell’annuncio cristiano locale; ma si constata che non c’è linfa che circola. Cosa ovvia per l’autunno di un’epoca della cristianità. Resta la speranza che si rinnovi la vitalità della Parola annunciata e testimoniata; forse con qualche evangelizzatore forestiero?

Borgo San Dalmazzo: cripta di San Dalmazzo (foto G. Lovera in San Dalmazzo di Pedona. Il Museo dell’abbazia”, a cura di E. Micheletto, 2005, p. 31)

Disegno della necropoli di Pedona (disegno di F. Corni in “San Dalmazzo di Pedona. Il Museo dell’abbazia”, a cura di E. Micheletto, 2005, p. 12)

Disegno della necropoli di Pedona (disegno di F. Corni in “San Dalmazzo di Pedona. Il Museo dell’abbazia”, a cura di E. Micheletto, 2005, p. 12)

(continua)

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