“Lei ha problemi col suo passato. Molti ne hanno. E si preoccupano. Fanno male. Non c’è nulla di che preoccuparsi. Il passato non conta e il futuro non esiste. Lei è qui, ora. Solo questo conta”. È una frase rubata a “L’anno scorso a Marienbad”, un film di Alain Resnais, che ben si addice al protagonista di questo singolare romanzo.
Il tempo è la chiave di volta dell’intera vicenda. Un tempo che appare riavvolto intorno ai ricordi a quell’adolescenza trascorsa con le bande del quartiere in cui ”tutti cercavano un po’ l’avventura”. Poi la giovinezza con la scoperta dell’impegno politico “senza esagerare” e il quasi inconsapevole scivolare verso il terrorismo delle Brigate Rosse. Insieme al protagonista si ripercorrono cinquant’anni di storia d’Italia, per cui l’autore pone di tanto in tanto qualche paletto fermo: dai Cinquanta segnati da scanzonate bravate, ai Settanta con il furore rivoluzionario agli Ottanta col profumo del denaro e a quel “certo riflusso” che pare annichilire l’azione riportandola a più definiti confini.
Al termine di questo percorso la confessione: “Cercavo essenzialmente qualunque cosa mi facesse allontanare il più in fretta possibile e il più lontano possibile dal mio passato”. Non è un banale rinnegamento. Pare essere più una condizione esistenziale accompagnata da un disagio nel sentirsi sradicato da quel passato.
Allora ritorna Marienbad. Nello stile, anzitutto: la seconda parte del romanzo frammenta il flusso narrativo. La voce fuori campo si divide, si moltiplica. Spiazza il lettore lasciandogli appena la percezione di un filo che unifichi, senza piegarsi mai a una qualche linearità.
Anche il clima cambia. Fondamentale è il confronto col dolore, con la morte che si pone come cifra significativa di un’esistenza, che prima invece sfuggiva incalzata dall’agire. Nella residenza dove è ricoverata la madre del protagonista non succede mai nulla, tanto che lui, dopo il guardingo perenne spostarsi nel periodo del terrorismo, sente di avere “un disperato bisogno che succeda qualcosa”.
La domanda di senso si impone a fronte della morte che rappresenta il presente, l’unica dimensione che il protagonista sente di vivere, incalzato da inconfessati, ma evidenti affetti. Si coglie come un “reduce, in fuga dal passato”, che non riesce ad archiviare, mentre il futuro rimane sfuggente.
Non c’è la consolazione del ricomporre definitivamente le fragili relazioni familiari. Al protagonista rimane un senso di malinconico incedere del tempo che ha soppiantato le illusioni giovanili e posto in evidenza uno struggente bisogno di serenità.
In cattiva luce
di Roberto Baravalle
Editrice Nerosubianco
13 euro