Cuneo – Si è concluso con una condanna il processo al 48enne F. F. accusato di essersi appropriato di circa 50 macchine da palestra (nella foto, un’immagine generica), per un valore di 20.000 euro, senza aver corrisposto il canone di affitto pattuito e soprattutto senza averle riconsegnate al legittimo proprietario, un 36enne di Carmagnola, che ha denunciato il fatto ai Carabinieri e si è costituito parte civile al processo.
“Gestivo una palestra a Boves chiusa dal 2016 – ha riferito in aula la parte offesa – e all’inizio del 2017 stipulai un contratto d’affitto con F. F. per il noleggio dell’attrezzatura che lui avrebbe usato nella sua palestra ‘tana del Pitt’. Ci eravamo accordati per 700 euro mensili ma lui ha pagato 500 euro e solo per alcuni mesi. Tantissime volte gli chiesi il pagamento dell’affitto o la restituzione ma lui rinviava continuamente arrivando a minacciarmi se fossi venuto a Cuneo a caricare la merce. È andata avanti così fino al 2019”.
In quel periodo infatti un amico del proprietario degli attrezzi notò che alcune macchine per gli esercizi erano a Dronero in un campo da minigolf, sotto la neve. Dopo aver recuperato l’attrezzatura l’uomo seppe che il resto delle macchine erano in un garage a Borgo San Giuseppe: “In tutto ho recuperato circa tre quarti dell’attrezzatura che però era stata conservata male e sta marcendo. Quello che manca vale circa 10.000 euro. So che ce l’ha ancora lui perché pubblica sui social delle foto in cui si ritrae mentre si allena con la mia attrezzatura”.
Per l’accusa l’appropriazione indebita era stata ampiamente provata nel corso dell’istruttoria, sia dal punto di vista dell’inadempimento del contratto di affitto, sia per quanto riguarda il possesso tuttora in corso di parte delle attrezzatura, testimoniato dalle foto sui social e per questo ha chiesto la condanna a un anno e sei mesi e 3.000 euro di multa; richiesta a cui si è associata la parte civile che ha anche chiesto una provvisionale risarcitoria di 10.000 euro. Secondo la difesa invece si trattava di una questione civilistica più che penale perché non era stata provato in alcun modo il profitto che l’imputato avrebbe tratto dal possesso di quei macchinari, dal momento che gran parte era stata restituita e non risultava che avesse venduto a terzi il resto degli attrezzi, più che altro è emersa solo la volontà di non adempiere al contratto e per questo ha concluso per l’assoluzione del proprio assistito. Di diverso avviso invece la giudice che ha condannato l’imputato a due anni e due mesi di reclusione più 500 euro di multa, con una provvisionale risarcitoria di 7.000 euro per la parte civile.