Cuneo – Quando entrò in Italia nel 2000 si spacciò per un cittadino kosovaro in fuga dalla guerra e così riuscì a ottenere un permesso di soggiorno con lo status di richiedente asilo. In realtà S.Y. era albanese e per circa 20 anni utilizzò un documento falso per garantirsi la permanenza in Italia, commettendo a ogni rinnovo il reato di detenzione e messa in circolazione di documenti contraffatti. Poi nel 2016 fu arrestato per rapina e condannato dal tribunale di Roma. A quel punto, scaduti i termini per il mantenimento dello status di richiedente asilo e con una fedina penale ormai non più spendibile, S. Y. – che fino a quel momento era stato per tutti G. Y., nato in Kosovo il 5 novembre 1979 – tirò fuori dal cassetto il suo passaporto originale e si presentò alla Questura di Cuneo per chiedere il permesso di soggiorno. Non aveva però considerato che venti anni prima, al momento del rilascio del suo permesso di soggiorno, gli erano state prelevate le impronte digitali e quindi venne fuori che la persona che si era presentata con il nome di S. Y. in realtà esisteva già per l’anagrafe con un altro nome e un’altra nazionalità. Di chiaro intento doloso ha parlato il pubblico ministero Alessandro Borgotallo nella sua richiesta di condanna a un anno e due mesi da sostituire con l’espulsione dall’Italia: “Per vent’anni era stato nel nostro Paese con una falsa identità e quando ha capito che doveva per forza regolarizzarsi in un altro modo ha tirato fuori il suo passaporto albanese, l’unico documento regolarmente rilasciato a suo nome”. La difesa dell’uomo, visti i riscontri oggettivi emersi durante la deposizione dell’agente della Questura che aveva seguito il caso, ha chiesto il minimo della pena e la concessione delle attenuanti. Dal momento che per il reato di falso relativo ai primi permessi di soggiorno è ormai scattata la prescrizione, la giudice ha chiesto di acquisire gli atti interruttivi della prescrizione per la valutazione della pena.