Cuneo – Avrebbe dovuto concludersi oggi (mercoledì 18 gennaio) il processo sul deragliamento del treno regionale veloce 10130 Savona-Torino avvenuto all’altezza di Trinità il 27 aprile 2018, ma il collegio dei giudici ha rinviato a maggio la decisione perché si è reso necessario, ai fini del giudizio, ascoltare la deposizione di un altro testimone.
Con l’accusa di disastro colposo erano stati rinviati a giudizio i due titolari della società Asfalti Savigliano responsabili, secondo l’accusa, dell’incidente causato dal ribaltamento di una gru della ditta Edil Giara sui binari del treno proprio mentre passava il convoglio. Se il responsabile materiale dell’incidente era il titolare della ditta edile che quel giorno stava spostando pannelli di calcestruzzo all’interno di un terreno adiacente la ferrovia – e per questo aveva patteggiato la pena di un anno e quattro mesi -, i due titolari della società di Savigliano erano chiamati in causa in quanto proprietari di quel terreno, una parte del quale veniva dato in comodato d’uso da circa dieci anni al titolare della ditta edile con un contrato verbale. Dopo aver ricostruito la dinamica dell’incidente e aver quantificato in 1.446.000 euro i danni subiti da Trenitalia (costituita parte civile in giudizio) per quel deragliamento in cui fortunatamente non ci furono vittime, nell’ultima udienza sono state depositate le conclusioni di accusa, parte civile e difesa.
Secondo il pubblico ministero Francesca Lombardi, l’istruttoria aveva evidenziato senza ombra di dubbio la responsabilità dei due imputati, a conoscenza del fatto che la ditta Edil Giara utilizzava quella porzione di terreno datale in comodato d’uso come deposito e magazzino dei propri materiali edili. I due titolari erano inoltre consapevoli della normativa che imponeva loro, in quanto proprietari di un terreno adiacente la ferrovia, di dover chiedere l’autorizzazione a Rfi per qualsiasi lavoro da svolgere su quei terreni, soprattutto in caso di utilizzo di gru o ponteggi; procedura che del resto avevano seguito loro stessi quando nel 2007 costruirono un capannone sulla parte di terreno di cui avevano mantenuto la disponibilità. “Il comodante non è estraneo all’attività del comodatario – ha sottolineato la dottoressa Lombardi – e per quanto riguarda i profili di responsabilità e custodia è chiamato a rispondere dei danni di quello. Il fatto che non si sia verificato un disastro non toglie nulla alla gravità del fatto”.
Al termine della propria arringa l’accusa ha quindi chiesto, concesse le attenuanti generiche ai due imputati, la condanna a un anno e sei mesi di reclusione, conclusione a cui si è associata la parte civile che ha chiesto un risarcimento di 1.450.000 euro pari ai danni causati dal deragliamento. Per la difesa invece non c’era responsabilità dei due titolari della società di Savigliano poiché quei blocchi di calcestruzzo erano stati portati e spostati su quel terreno quello stesso giorno e non era possibile per loro qualsiasi attività di vigilanza; inoltre quel contratto verbale (in base al quale la ditta edile utilizzava quel terreno come deposito) non era stato concordato con i due proprietari del terreno ma con una terza persona, il geometra della società, anche lui socio della ditta di Savigliano. Proprio per raccogliere la deposizione di questo testimone il processo è stato rinviato all’udienza del 24 maggio.