Il titolo è già significativo, l’autore pure ma c’è anche il sottotitolo che dice tanto “Inno alla vita”. Enzo Bianchi si chiede che senso può avere nel nostro tempo la domanda sull’aldilà?
“Su questa terra che tanto amo, ho sempre cercato l’eternità. Parlare della morte è per me un parlare della vita, è guardare in faccia la fine inesorabile per vedervi la forza della vita che è segnata da immortalità”.
La sua è una meditazione forte, come sempre ci ha abituato, e anche poetica su cosa c’è di là e su quel limite capace di dare senso alla vita di ciascuno. Ma la sua riflessione sulla morte non è un tema di meditazione, non funereo, non dolorista, pensata come “ora” che ci attende, un incontro con il volto di Dio tanto cercato. Per quello Bianchi definisce il morire “l’ultima obbedienza che ci fa più uomini”. Ma dopo? La risposta è centrata sull’amore, sulla sua forza come trama del mondo e delle relazioni con gli altri, e quindi come ragione di speranza anche dopo la vita terrena. Cristo è fedele e, se ora è accanto a noi, lo sarà anche nella morte, e al di là della morte sarà pronto ad abbracciarci per stare sempre con lui. È così che la vita eterna può essere non solo una speranza, e addirittura può anche essere desiderata, pur nella consapevolezza del dover attraversare le acque oscure della morte. La vita eterna è l’eredità che Dio dà ai suoi eletti, è sì una realtà che fiorisce e sboccia dopo la morte fisica, ma è una vita già innestata nel credente qui e ora. Per questo sta scritto: “Chi ama il fratello passa dalla morte alla vita”. Abbiamo in noi la vita eterna come un seme che crescerà e darà il suo frutto nel Regno. Una meditazione importante di uno dei pensatori contemporanei più aperti e illuminati.
Cosa c’è di là
di Enzo Bianchi
Il Mulino
15 euro