Quest’anno la Palestra over 18 si è occupata di empatizzare con un testo complesso e non facile: il testo biblico dove si narra la vicenda di Abramo e di Sara. Dopo uno studio approfondito e collettivo da Kierkegaard a Levinas, da Carmine di Sante a Vacchelli, a Marco Tibaldi, da Bobin a Szymborska, l’esercizio creativo di scrittura ha permesso di superare gli stereotipi in merito al Dio biblico, accedendo ad un panorama di sensi e paradossi molto interessanti, al di là del pensiero comune. Ne è nato un lavoro che è come un viaggio interiore popolato da personaggi, tratteggiati dagli allievi, in realtà molto concreti ed attuali che riportano però sempre ad una dimensione d’interno. Un viaggio interiore, quindi, una moltitudine di sguardi, un’alternativa al pensiero unico, un ribaltamento dello stereotipo del dio biblico: un dio che cura l’interno di ognuno nonostante tutto. Ma anche uno studio condotto sul tema del viaggio dell’umanità stessa, del suo rapporto con il divino, e soprattutto dell’incontro con l’Altro da sé, che nel racconto biblico è incontro personale con un Dio che chiede fiducia. L’archetipo femminile della cura è presente in ciascuno, è il femminile di Abramo, l’Abrahama nascosta in ognuno, è possibilità di relazione autentica con l’Altro da sé (che è e sono tutte le Sara della storia, gli Abramo, gli Isacco, tutti gli Ismaele, ma anche i senza tenda, i senza barca, i senza indirizzi, i senza nome…) è cura nei confronti della Terra stessa. La regia e drammaturgia sono di Elisa Dani.
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