Fossano – È passato di mano varie volte prima che gli inquirenti lo fermassero in quanto oggetto provento di furto e ricettazione; è la storia di un cellulare Samsung Galaxy J3 scippato, insieme alla borsa in cui era contenuto, a una signora fossanese il 2 aprile 2019 da un ragazzo di carnagione scura. La donna camminava per strada e il ragazzo la raggiunse alle spalle strappandole la borsa e facendola cadere a terra. La donna non riuscì a fornire una descrizione dello scippatore, che non aveva visto in volto, ma denunciò il furto del cellulare, pagato 120 euro, fornendo il codice Imei ai Carabinieri, che iniziarono subito le indagini.
Dopo qualche settimana gli inquirenti rintracciarono il telefono che era associato alla scheda sim di una signora residente a Cervasca: quel cellulare era però in uso al figlio, che lo aveva acquistato da un compagno di scuola, L. B., imputato per ricettazione al tribunale di Cuneo. A testimoniare quell’acquisto è stato chiamato in aula un amico del ragazzo che lo aveva comprato: “Ci eravamo incontrati a Cuneo per mangiare insieme e il mio amico era arrivato con un compagno di scuola di origine marocchina; durante il pranzo questo ragazzo tirò fuori dalla tasca il cellulare dicendo che lo aveva trovato per terra e ci chiese se lo volevamo”.
“L’ho comprato io quel cellulare – ha raccontato al giudice il giovane sprovveduto acquirente – l’ho pagato 60 euro ma non sapevo che fosse rubato, L. B. mi disse che lo aveva trovato per terra vicino a un tombino a Fossano”.
Ignaro delle possibili conseguenze del suo gesto, il ragazzo ha anche candidamente raccontato in aula che una volta saputa la vera origine del cellulare, aveva cercato a sua volta di rivenderlo ad un compagno di classe, senza rendersi conto che in questo modo anche lui avrebbe commesso il reato di ricettazione.
Per quanto riguarda invece l’imputato, il pubblico ministero ne ha chiesto la condanna a tre mesi di reclusione e 300 euro di multa in considerazione anche del vizio parziale di mente del giovane marocchino. Un vizio mentale ribadito dalla difesa che ha sottolineato come non ci fosse prova della consapevolezza dell’origine delittuosa del telefono da parte dell’imputato che quindi doveva essere assolto. Richiesta accolta dal giudice che ha assolto l’imputato per vizio di mente.