Per raccontare la vicenda di Bastian, giovane della Valle Stura emigrato in Francia e tornato in Italia nel pieno del ventennio fascista, l’autore ricorre alla storia del conte di Montecristo utilizzata come sottotesto narrativo. Sono sparsi ovunque dei riferimenti: dapprima solo come passione per la lettura, poi il castello di If, davanti a cui Bastian si sofferma, infine il tradimento, la reclusione a Ventotene, il piano di fuga.
1922: il giovane insegue il sogno di una vita migliore, anche della fortuna a portata di mano, e va in Francia. Si ritrova scaricato nella piazza di Brignoles con la sua valigia di “sola” (cuoio). Una manciata di parole francesi in bocca e negli occhi la lucentezza del sogno: piazze pulite, gente ben vestita “anche se non era domenica”, ragazze che sorridono e guidano auto. Lui si sente goffo, ma ha voglia di dar la scalata a questo mondo.
Un sogno che dura poco. Il lavoro nel “buco” della cava di bauxite è duro. I piaceri sono scarsi: solo la lettura resiste. Frequenta la biblioteca dove conosce Nadine: anche lei si trasforma in sogno.
È in questo ambiente che la Storia si intrufola. Lui è “in Francia per lavorare e per fare fortuna non per fare il rivoluzionario, senza futuro”. Le idee socialiste non fanno presa su di lui pur cogliendone l’anelito di giustizia sociale.
Da quando sente parlare di “un certo Mussolini”, la situazione cambia. Gli Italiani prendono a essere malvisti. Per Bastian i dissapori politici tra Italia e Francia si traducono in insulti, ruote della bicicletta forate, un “patron” sempre più esigente con gli stranieri. Decide quindi di tornare a casa, ma sono gli anni più duri del regime. Lui andato in Francia per lavorare, al pese è considerato disertore, comunista sfegatato. È “un mondo strampalato” che, tradito da un compaesano, presto lo condanna al confino a Ventotene.
Conoscerà Altiero Spinelli, Sandro Pertini che rinnoveranno quelle idee che Nadine gli aveva suggerito. Tornerà a casa, mentre la Storia fa il suo corso inesorabile. È a questo punto che il conte di Montecristo si mette da parte. Manca l’ultimo tassello: la vendetta sui delatori. È però scelta narrativa coerente perché rimette in primo piano il realismo della vicenda dove gli umili sono vinti dalla storia, dai prepotenti che se ne sentono padroni. Certo, “Bastian” appare come un romanzo di formazione, il personaggio alla fine ha interiorizzato gli ideali che lo hanno appena sfiorato a Marsiglia e Ventotene. In quei garofani rossi ce n’è chiaramente l’eco, filtrato però dai sentimenti a cui Bastian si è spesso affacciato senza mai esserne travolto, affermando sempre, in questo altalenare tra idee e concretezza, la sua dignità di uomo.
Bastian
di Guido Olivero
ArabaFenice
14 euro