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Venerdì 22 novembre 2024

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Malati “veri” e malati “immaginari”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata da un gruppo di medici cuneesi

La Guida - Malati “veri” e malati “immaginari”

Gent.mo Direttore,

siamo un gruppetto di medici che prestano il loro servizio all’interno delle cure primarie. Vorremo condividere con i lettori alcune considerazioni in merito a come sembrerebbe essere cambiata l’autogestione della salute all’interno della popolazione generale. Precisiamo che l’intento non è polemico o di mera critica, ma di provocare una riflessione adulta e savia.

Agli occhi di chi si occupa di salute a tutti i livelli e, molto probabilmente, anche ai cittadini più attenti e maturi, sono noti i cambiamenti maturati nella popolazione negli ultimi decenni. Da una parte assistiamo ad un allungamento della vita, grazie a cure efficaci che permettono non di guarire, ma di convivere con molte malattie e dall’altra ad una gestione sanitaria che si è sviluppata in due direzioni: la prima verso le acuzie (ricoveri ospedalieri per cure brevi e di elevata intensità) e la seconda verso il post acuzie e le cronicità (cure domiciliari e strutture assistenziali). In entrambe i casi sono a disposizione dei pazienti competenze e specialità. Mai come ora i malati e, sottolineiamo, i malati reali, veri, hanno a loro disposizione un sistema che cerca di essere il più sensibile possibile alle loro esigenze.

Accanto a queste trasformazioni si evidenzia, almeno in una parte della popolazione, una dispercezione del concetto di malattia e dei bisogni assistenziali. Piccoli problemi di salute della popolazione sana, quali febbre, diarrea, nausea, vomito, raffreddore, ecc. che, fino ad una generazione orsono (venticinque anni), venivano tranquillamente gestiti all’interno del nucleo famigliare con ragionevolezza e sapienza, ora sono divenute causa e domanda di assistenza sanitaria. Giovani ed adulti, ribadiamo non affetti da patologie croniche, si rivolgono ai servizi dopo poche ore dall’insorgenza dei sintomi, mostrando l’incapacità di affrontare condizioni parafisiologiche, pretendendo un livello di assistenza sproporzionato rispetto al problema. Ad esempio laddove un consiglio medico telefonico è più che esauriente, se non addirittura superfluo (in quanto fino a pochi anni fa apparteneva al bagaglio di competenze di qualunque adulto), si pretendono visite domiciliari assolutamente inappropriate ed inopportune. La trasformazione del concetto/bisogno di salute è così profondo che spesso la disponibilità di assistenza ambulatoriale viene rifiutata con arroganza, rivendicando opinabili giustificazioni e diritti insindacabili. Stupisce, ma a pensarci bene, probabilmente non è casuale, che invece i “malati veri” adottino condotte comportamentali opposte: mostrano pazienza, ragionevolezza, collaborazione e disponibilità.

Una delle conseguenze, a nostro parere la più temibile, è che una popolazione di “malati immaginari” (con tutto rispetto per i sintomi sopra citati gestiti più che adeguatamente dalla notte dei tempi) sottragga le risorse sufficienti, adeguate e disponibili alla popolazione di “malati veri”.

Sempre di più, in condivisione con tutti i professionisti che si occupano dell’altro (insegnanti, educatori ed altre figure sociosanitarie), ci sentiamo di supporre che la vera emergenza non sia sanitaria, di competenze, di risorse, ecc. bensì educativa e civile.

Grazie per la disponibilità!

Un gruppo di medici cuneesi

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