Ci vuole coraggio per pensare il futuro. La tentazione è chiudersi nel presente evitando di pensare ciò che potrà essere. Eppure solo in tale prospettiva l’uomo può sperare di prendere coscienza dei problemi che affliggono il mondo e immaginare strade per affrontarli. La tesi è sostenuta nel libro di Roberto Paura.
All’autore non interessano oroscopi o quant’altro. La prospettiva è scientifica. La scienza infatti da sempre ha tentato non di predire, bensì di far intravedere i possibili sviluppi del mondo umano. “Al cuore di questa idea c’è una visione del mondo fondata sulla convinzione che i dati e le quantità misurabili siano alla base della realtà”.
L’analisi quantitativa delle informazioni, secondo una tesi diffusa, offrirebbe argomenti per fondare leggi matematiche che consentirebbero di prevedere l’evoluzione della vita nelle sue relazioni con l’ambiente e gli altri esseri umani.
Un’idea che l’autore scova in filosofi e scienziati del passato, ribadita dall’ottocentesco spirito positivista e ulteriormente vagheggiata sulla scorta della rivoluzione cibernetica, della disponibilità di enormi quantità di dati e di una possibile gestione interpretativa degli stessi. Nonostante ciò il saggio mette in luce le incrinature di questa prospettiva. Concetti nuovi come l’idea di probabilità poi di una pluralità di “futuri possibili” incrinano la solidità della previsione matematica derubricandoli a scenari plausibili da scandagliare mettendo in conto le scelte dell’uomo il cui comportamento non può essere ridotto a equazioni matematiche.
È su questo livello che si sviluppa la parte costruttiva del saggio. Assodato che è legittima, forse anche necessaria, la previsione nel modo più sicuro possibile, viene chiamata in causa la responsabilità. Se la variabile è l’uomo, sarà lui a decidere il proprio futuro con un’attenzione al presente in cui vive.
Non è da cadere nell’errore del “presentismo”, di cui oggi è afflitto il mondo. La coscienza che la vita nel presente condiziona quella delle generazioni a venire, deve informare i passi delle nazioni e dei singoli. Un cammino su cui incombono sbrigativi scenari apocalittici o all’estremo opposto l’ottimismo acritico verso una tecnologia controllabile nelle sue deviazioni. Di qui l’appello a non lasciare ai potenti il controllo del futuro e la sua narrazione: “Il presentismo politico spinge a prediligere orizzonti di breve termine, assicurarsi benefici scaricando i costi sociali sul lungo termine”. Si tratta di orientarsi verso il “tema delle generazioni future, anziché al più generico concetto di futuro” riconoscendo che il futuro è “un fatto culturale” dove trova spazio un orizzonte di aspirazioni e progetti.
Occupare il futuro
di Roberto Paura
Codice
23 euro