Saluzzo – Varie volte lui l’aveva picchiata, ma dopo i due episodi di giugno e settembre del 2018, la giovane donna di origine marocchina decise di denunciare il marito e di chiedere il divorzio. A giugno si era presentata in ospedale con grossi lividi sulle gambe perché nel corso di una lite il marito E. H. F., imputato per maltrattamenti in famiglia, l’aveva ripetutamente presa a calci. A settembre la lite fu più violenta: “Squillava il suo telefono e lui non rispondeva – ha detto la donna in aula -, io pensavo fosse un’altra donna a chiamarlo e presi il cellulare per guardare chi fosse”. A quel punto l’uomo l’afferrò per strapparle il telefono di mano, la prese al collo minacciandola con un coltello e le disse che avrebbe ammazzato lei e la bambina. Dopo che il marito uscì di casa la donna chiamò i Carabinieri che poterono constatare di persona gli indizi di una violenta lite: “C’erano cocci di piatti in terra – ha riferito il maresciallo intervenuto – e la signora aveva graffi sul collo, sul letto c’era un coltello”.
“Ero arrivato su un barcone in Italia per lei – ha dichiarato l’imputato -, avevo fatto tanti lavori in nero per mantenerla. Lei era diventata tanto gelosa e io ho sbagliato perché l’ho tradita. Abbiamo avuto tante discussioni ma non l’ho picchiata”.
Al termine dell’istruttoria l’accusa ha chiesto l’assoluzione per l’imputato in considerazione del fatto che gli unici due episodi provati non potevano connotare il reato di maltrattamenti e la donna non era tenuta in uno stato di isolamento forzato da parte del marito. Richiesta di assoluzione a cui si è associata la difesa, ma che non è stata condivisa invece dal giudice che ha ravvisato negli episodi il reato di maltrattamenti e lesioni e ha condannato l’uomo a un anno e sei mesi di reclusione.