Dopo la condanna per stalking, confermata in Appello, è arrivata anche la condanna per essere entrato illecitamente nei profili social della ex compagna. Accusato davanti al tribunale di Cuneo era C. B., cittadino albanese residente nel fossanese, condannato in primo grado nel settembre 2023 a un anno e sei mesi per atti persecutori nei confronti della ex convivente: dopo la fine della loro relazione, l’uomo per alcuni mesi aveva continuato a tempestarla di messaggi e chiamate, arrivando a minacciarla e a pedinarla ovunque, anche sul posto di lavoro, tanto da indurla a licenziarsi e a cambiare città per far perdere le proprie tracce. I due si erano conosciuti su Facebook nel marzo 2021 e avevano intrapreso una relazione cui era seguito anche un periodo di convivenza interrotto, definitivamente all’inizio del 2022: le continue scenate di gelosia dell’uomo, le minacce e la pretesa di un continuo controllo su ogni aspetto della sua vita avevano indotto la donna a rompere la relazione e infine a denunciarlo a seguito degli atti persecutori di cui era stata vittima fino ad aprile 2022, quando l’imputato entrò abusivamente nel suo profilo social per pubblicare un video intimo che lei gli aveva inviato quando erano ancora fidanzati. Mancando la querela per questo specifico atto, il giudice aveva dichiarato di non doversi procedere, mentre era procedibile d’ufficio il reato di accesso abusivo al profilo social della parte offesa per cui si è proceduto oggi (lunedì 8 settembre) al tribunale di Cuneo. Al termine della discussione il pubblico ministero aveva chiesto la condanna dell’imputato a tre anni di reclusione, in considerazione dei suoi precedenti e della gravità del reato. Chiara la sua colpevolezza dal punto di vista delle prove: sul suo telefono era stato trovato il video intimo che era stato reso pubblico ed era stata trovata traccia dell’accesso al profilo Facebook della donna. “Sono le ragioni dell’uso delle password di accesso al suo profilo social – aveva concluso il pubblico ministero Francesca Lombardi – che determinano la colpevolezza dell’imputato, che aveva violato la vita privata della parte offesa per continuare a controllarla dimostrando di poterla diffamare davanti a tutti”. Diverso il punto di vista del difensore avvocato Paolo Verra che aveva sottolineato come lo scambio di password dei rispettivi account social fosse stato scelto liberamente dai due quando stavano insieme, nell’ambito di un rapporto di reciproca gelosia e di ossessivo controllo. In quest’ottica non si poteva quindi parlare di accesso abusivo e per questo era stata chiesta l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Di diverso avviso invece il giudice che ha riconosciuto l’imputato colpevole del reato, condannandolo a sei mesi di reclusione.