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Sabato 26 luglio 2025

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La fiducia di chiedere e l’audacia di insistere

La preghiera esige coraggio, resistenza, capacità di non scoraggiarsi, libertà e audacia

Cuneo

La Guida - La fiducia di chiedere e l’audacia di insistere
preghieraGen 18,20-32; Sal 137; Col 2,12-14; Lc 11, 1-13

La potente scena di intercessione in cui Abramo tratta con Dio sottolinea la modalità della preghiera che dev’essere insistente, ostinata, capace di ricominciare sempre da capo. La preghiera è anche una lotta tra l’uomo e Dio, un faticoso incontrarsi tra le esigenze di colui che prega e la libertà di Dio. In questo senso la preghiera esige coraggio, resistenza, capacità di non scoraggiarsi, libertà e audacia.
Allo stesso modo l’insegnamento di Gesù rivela i medesi nodi della preghiera, perché si tratta di bussare, chiedere, cercare, certi che ciò che è necessario, il dono dello Spirito, non sarà negato a chi lo invoca.
Dalla prima lettura possiamo imparare una cosa: che gli uomini sono sempre vissuti in questa condizione, e cioè che non ci sono mai state società perfette dove tutti erano bravi, si volevano bene, si aiutavano l’un l’altro per niente. Ci sono sempre state delle città – e ci sono ancora oggi – in cui cercare col lanternino persone semplicemente giuste. Non super-uomini, non super-donne, ma esseri umani fermi nella loro rettitudine. Giuste, nonostante la facilità con la quale siamo indotti a preferire il sotterfugio, la furbizia, il compromesso, la prevaricazione persino. Semplicemente persone giuste che tengono in piedi le città. Per fortuna, esistono manciate di persone così. Ed è proprio grazie a tutte loro che la collettività non va semplicemente alla deriva, che una società vive. E questo è sempre un miracolo.
Comunità così complicate, così piene di tante teste, tante idee, tanti caratteri, sono sempre a rischio di degrado e di corruzione, ma fino a che resiste qualche giusto, quelle comunità vivono. Non arrendersi si può, perché ci sarà sempre qualcuno disposto a mettersi in mezzo a favore di altri, perché ciò che è ingiusto non accada.
Quando si accetta questa prospettiva, si scopre con sorpresa che, nella realtà, di giusti ce ne sono dieci, venti, trenta e forse anche assai di più. E accade persino che, quando una simile evidenza trapela, molti prendano coraggio e si aggiungano, perché capiscono che in realtà un essere umano, impostando la vita così, si ritrova.
Ne viene anche la forza di sperare che Dio ci voglia bene lo stesso anche se non siamo proprio del tutto giusti.
Paolo dice proprio così: il miracolo è che siamo stati riconciliati da Dio mentre eravamo ancora peccatori e nemici. Nonostante tutto, possiamo resistere anche noi perché, grazie a Dio, continuano a esistere persone giuste.
Questo, quindi, il primo messaggio: ci sono uomini e donne giusti nella nostra vita e in ogni società che ci tengono in piedi e grazie ai quali noi riusciamo a resistere. Anche in una società difficile, seppure non siamo stinchi di santo, possiamo cogliere il senso della preghiera di intercessione come passione religiosa e civile, per un’intera città, anche se si chiama Sodoma o Gomorra.
Dal Vangelo impariamo una seconda cosa: che il mondo è pieno di migliaia e migliaia di persone che sono state ferite, umiliate, rese orfane, avvilite, mortificate, e che non hanno inflitto nessuna di queste cose ai loro simili. Anche questa è pura grazia.
Pregate, litigate, protestate con Dio, scocciatelo! – dice il Vangelo – ma ogni giorno ricordategli: «tu non lasciarci nella tentazione», «tiraci fuori dal male», «non farci mancare il pane» e mandaci qualche giusto ogni giorno.
Il paradigma della preghiera cristiana sta nelle parole piene di confidenza con cui Gesù invita anzitutto a chiamare Dio col nome giusto. Quando pregate dite: ‘Padre’.
Il protagonista della parabola insieme al pane riceve il volto dell’amico; così nella nostra preghiera riceviamo il volto stesso di Dio che si rivela come Padre. L’insegnamento di Gesù sembra dirci che il modo con cui ci rivolgiamo a Dio è quasi più decisivo dei contenuti che gli proponiamo. Se chiami Dio con il nome giusto, “Padre”, sei già nella disposizione di un modo dignitoso e umano di stare davanti a Lui.
In ultimo: perché una preghiera prolungata?
Non perché il Padre voglia essere interpellato a lungo prima di concedere qualcosa, ma perché l’uomo impiega molto tempo prima che il suo desiderio assuma la forma del desiderio di Dio.
Non so come dirlo, ma forse la preghiera non serve tanto a cambiare la realtà – anche se questo può accadere, pensiamo al miracolo – ma a guardarla con gli occhi di Dio. Èd questo sguardo nuovo che può fare miracoli, e cioè rende capaci di attese che non si arrendono, la cui forza costante e incrollabile vale come energia di fondo della fede.

La fiducia di chiedere e l’audacia di insistere

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