
Ferdinand Hodler, Il Buon samaritano (particolare), 1885.
Dt 30,10-14; Sal 18; Col 1,15-20; Lc 10,25-37
A porre la domanda non è un fedele alle prime armi ma un dottore della legge (un professionista della teologia, potremmo dire). Quest’uomo religioso non mette in questione i confini dell’amore dovuto a Dio (con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente), ma diventa puntiglioso nel voler definire i contorni dell’amore dovuto all’uomo: «chi è il mio prossimo?».
Quante volte corriamo questo rischio: difendere platealmente le ragioni verso Dio, per poi circoscrivere il perimetro di coloro che richiedono il concreto impegno della nostra responsabilità: del resto, più il perimetro è stretto più le responsabilità sono limitate.
E ancora una volta, Gesù porta la discussione dall’astrazione teorica a una stringente situazione concreta: «mettiamo che un essere umano si trovi ai bordi di una strada ferito a morte…».
Nella sceneggiatura imbastita con la narrazione di questo caso, Gesù mette il dito nella piaga del sempre potenziale conflitto fra le ragioni di Dio e quelle dell’uomo. Il sacerdote e il levita che passano oltre senza muovere un dito non lo fanno per incoerenza religiosa, ma per quella che ai loro occhi appare la condizione di rettitudine necessaria per rimanere nella giustizia del loro stato di purità (non rischiare di contaminarsi). Proprio per essere fedeli alle ragioni di Dio, pur vedendo benissimo, passano oltre.
Gesù disegna qui il conflitto sempre possibile tra la legge religiosa e il bisogno umano. Quanta religione abbiamo anche noi costruito sul principio che accetta di sacrificare molti gemiti umani in nome delle prerogative divine? Narrando semplicemente un caso concreto, Gesù rovescia completamente molti termini della questione. Nel Regno che si è fatto vicino, quello che veramente detta legge agli occhi di Dio è la prossimità verso l’essere umano, specie se ferito, fragile, mortificato. Questo, del resto, corrisponde a quello che Dio stesso, attraverso Gesù, sente di dover fare per l’umanità.
«Vai e anche tu fa lo stesso»: era tanto difficile da capire? Il senso vero della legge era tanto nascosto? Bisogna prendere sul serio Mosè quando garantisce che «i suoi comandi e i suoi decreti» sono molto vicini all’uomo, sulla loro bocca e nel loro cuore, a perfetta portata della loro capacità di farne criterio di umanità e non ragione di cinismo.
Quindi perché complicare quello che è semplice?