Non saranno proprio “come noi”, anni e abitudini acquisite ci separano inesorabilmente, ma certo noi vorremmo ancora essere “come loro”, bambini liberi, aperti alla vita con quell’incoscienza che fa affrontare ogni evento, che tramuta in avventura quel che i “grandi” giudicano banale. Eppure al titolo è sottesa l’inespressa certezza che, se solo ci si ferma un momento, è possibile ritrovare in Bruno, Tommaso, Enrico e gli altri quel qualcosa che siamo stati e che ci portiamo dentro. La nostalgia ha quella capacità di sollevare la polvere degli anni, di invitare a “ri-conoscerci” attraverso lo specchiarci nei ricordi.
Nostalgia sincera, che non prende a tradimento. L’autrice non va a scovare figure lontane nel tempo, inesorabilmente seppur dignitosamente consegnate al passato. Coglie i bambini degli anni Sessanta e Settanta, quelli che leggono Topolino, Zagor o Tiramolla. Un’operazione che, appunto, non sfugge alla nostalgia, però vissuta e fatta intravedere con leggerezza e discrezione. È infatti guidata da uno sguardo sereno, assumendo anzitutto il punto di vista dei bambini che è ingenuo solo per gli adulti, mentre per loro è estremamente concreto ogni qualvolta trasfigura il reale.
Nei racconti questa sensibilità nel descrivere l’ambiente umano e sociale emerge laddove l’autrice con fugaci quando felici spunti. Ne coglie gesti o ne sottolinea piccoli particolari. È l’asciugarsi le mani nel grembiule della mamma o il pane imburrato con abbondante strato di zucchero. È la Prinz L, “voluta a tutti i costi perché i tedeschi sono figli di cani, ma le macchine le sanno fare”. È il bacio sulla fronte per dissimulare la preoccupazione per la febbre o una fede ingenua, ma sincera. Allora alzi la mano chi, rovistando tra i suoi ricordi sepolti, non ha vissuto queste occasioni della vita.
Sono bambini sempre alla ricerca di amici, sempre sull’orlo della solitudine per chi è un po’ più sensibile. Sofferenti quando sperimentano difficoltà di inserimento, ma gioiosi allorché riescono a infrangere la diffidenza o la riservatezza di qualche coetaneo. Allora si apre un mondo. Gli ambienti mille volte visitati risplendono nuovi. L’avventura è dietro l’angolo condita di fantasia e meraviglia alla scoperta del gufo reale o nell’esplorare la casa abbandonata sentendosi eroi scampati a una prova di coraggio.
Esperienze che vedono gli adulti ai margini, ma non assenti. Quel che racconta Alessandra Demichelis non sono scontri generazionali. Qui gli adulti sono genitori e nonni che stanno accanto a figli e nipoti, magari come ruvida presenza però pronti a mutarsi in angeli custodi, a comprendere le esitazioni e le domande di un bambino di fronte al mistero della morte, mentre il lettore tocca con mano in quell’aggettivo “morbido” il linguaggio delle emozioni di un bimbo, l’abbandonarsi fiducioso al “grande”.
I bambini che siamo
di Alessandra Demichelis
Editrice Primalpe
euro 14