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Venerdì 11 luglio 2025

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Neurochirurgo accusato di violenza sessuale da una paziente

Il dolore alla schiena, il confronto con il fisioterapista e poi con il nuovo medico, fino a una visita che si trasforma in un'esperienza scioccante

Cuneo

La Guida - Neurochirurgo accusato di violenza sessuale da una paziente

Scossa, scioccata, arrabbiata con se stessa per non aver saputo reagire di fronte al travalicamento di quel limite che era la parte più intima del suo corpo: sono alcuni dei termini che i testimoni hanno riferito ai giudici del collegio del tribunale nel processo a un neurochirurgo con studio a Cuneo accusato di violenza sessuale su una giovane paziente che si era rivolta a lui per trovare un rimedio ai forti dolori alla schiena che la affliggevano da alcuni mesi. E a parte i genitori e un’amica a cui subito dopo la visita la donna raccontò quello che era successo nello studio medico, gli altri testimoni ascoltati in udienza sono gli specialisti a cui la giovane si era immediatamente rivolta per cercare di definire i contorni di quanto accaduto, per essere aiutata a capire perché a un certo punto quella normale visita con manovre sulle articolazioni delle anche e pressioni sulla fascia lombare si tramutò in una ispezione vaginale. Era il 3 novembre 2021 e la donna era arrivata allo studio del neurochirurgo attraverso il fisioterapista che da alcuni mesi la seguiva. Alla prima visita alla fine di ottobre la donna si presentò accompagnata dalla madre e la visita si svolse normalmente, con movimenti e pressioni sulla zona infiammata cui seguì la prescrizione di una risonanza e l’indicazione di proseguire con la fisioterapia. Per commentare l’esito della risonanza e studiare eventualmente un ciclo di infiltrazioni venne fissato un nuovo appuntamento a cui la giovane si presentò da sola. Quello che accadde in quella circostanza è stato riferito alla prima udienza dalla donna costituita in giudizio: una visita iniziata normalmente e poi improvvisamente, senza alcuna informazione, senza consenso e inizialmente anche senza l’uso dei guanti, divenne un’ispezione vaginale sia interna sia esterna. Una visita che non ebbe un referto né una fattura, durante la quale, a dispetto delle prescrizioni di prevenzione per il Covid il medico non indossò la mascherina e invitò la donna a fare lo stesso, che si concluse con una carezza sulla testa e la condivisione del suo numero di cellulare e l’invito a mandargli un messaggio per non farlo preoccupare. Quello che invece la giovane fece fu di rivolgersi immediatamente alla propria ginecologa e poi alla psicologa del consultorio, al proprio medico di base e poi ancora a un’altra psicoterapeuta con cui iniziò un percorso durato tre anni. A tutti aveva chiesto se quello che era accaduto era lecito e tutti le avevano risposto che non lo era: “Assolutamente non lo era – ha riferito in aula il medico di base -, non ho mai fatto un’esplorazione vaginale senza prima motivare il gesto, chiedere il consenso e sempre in presenza di un’infermiera”. Di esperienza scioccante ha parlato la psicoterapeuta che la ebbe in cura per tre anni: “Si era sentita esposta, inerme soprattutto per il ruolo che in quel momento il medico aveva. Il consenso è il fattore mancante che ha fatto scattare in lei l’allarme, mettendola nella posizione di non capire cosa stesse accadendo. Era arrabbiata perché non era stata in grado di reagire, di tutelarsi e questo portò ad una successiva fatica a fidarsi degli altri”. Tra varie contraddizioni, reticenze e richiami da parte del presidente del collegio dei giudici ha deposto in aula anche il fisioterapista che l’aveva in cura e che l’aveva presentata al neurochirurgo col quale collaborava da anni. Nel corso della deposizione l’uomo ha inizialmente riferito di non aver parlato col neurochirurgo della convocazione in Questura in seguito alla denuncia della donna e anzi sottolineando che alle domande di quello aveva risposto evasivamente di essere stato chiamato per un’altra questione. Una versione smentita però dalle intercettazioni telefoniche prodotte dal pubblico ministero Alessia Rosati, in cui lo si sente parlare proprio con l’indagato: “Non te ne posso parlare al telefono, è una cosa veramente pazzesca, poi ti dico, facciamo così”. L’udienza proseguirà il 24 ottobre con altri testimoni dell’accusa.

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