Con quella emessa dal Tribunale di Cuneo salgono a 35 le condanne per molestie a carico di Stefano Ravenna, 33enne romano, processato per le telefonate piene di ingiurie a carattere sessuale fatte a un’avvocatessa cuneese nel febbraio 2023. L’avvocatessa, che ha sporto querela senza costituirsi parte civile al processo, ha riferito in aula della preoccupazione suscitata da quelle otto o nove telefonate provenienti da un numero non identificato in cui una voce a lei sconosciuta, con accento non piemontese la ingiuriava con insulti a sfondo sessuale; di queste una era stata registrata dopo che la figlia le aveva suggerito di mettere il viva voce. L’avvocatessa ha riferito di aver sporto querela perché spaventata, dato che il suo telefono era pubblico in quanto inserito nelle difese d’ufficio: “Ho pensato potesse essere un maniaco che poteva appostarsi fuori dal mio studio”. Dopo la querela, le indagini sull’utenza da cui erano partite le telefonate condussero all’imputato che risultava essere l’intestatario del contratto telefonico e di averlo in uso. Un uomo con cui l’avvocatessa non aveva mai avuto a che fare né come cliente né come controparte e che, stando alle valutazioni mediche emesse nel 2012 e nel 2021 dal Policlinico Umberto I di Roma, risultava affetto da un disturbo della personalità con discontrollo degli impulsi in condizioni di stress. Per il pubblico ministero l’istruttoria aveva dimostrato la responsabilità dell’imputato, che sebbene non dotato di particolari capacità mentali, ha anche collezionato ben 34 precedenti specifici di molestie e uno di stalking. “Una molestia facilitata dal fatto che il numero dell’avvocatessa era pubblico e particolarmente invasiva della sfera psicologica della vittima, convinta di avere a che fare con un maniaco in grado di attentare alla sua incolumità”, ha concluso il pubblico ministero Raffaele Delpui chiedendo la pena di tre mesi di arresto e la dichiarazione di abitualità nelle contravvenzioni. Di diverso avviso la difesa che aveva chiesto di interpretare i numerosi episodi precedenti proprio alla luce delle valutazioni mediche espresse sul suo disturbo della personalità e che avrebbero potuto portare a un riconoscimento parziale di non imputabilità. Richiesta rigettata dal giudice che ha condannato l’uomo a due mesi di arresto, considerata anche l’abitualità nelle contravvenzioni.
