Sta per arrivare a conclusione il processo a carico di N. A., cittadino albanese residente a Cuneo, accusato di spaccio di cocaina. Fu casuale la circostanza che portò l’uomo al centro dell’indagine per spaccio di cocaina in città; era sua l’auto che nella notte del 5 marzo 2021 diede vita a una spericola fuga per le vie fra corso Dante, via Bassignano e via Meucci. A bordo non c’era lui ma due suoi conoscenti che per sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine guidarono all’impazzata fino a quando riuscirono ad abbandonare l’auto in corso IV Novembre per proseguire la fuga a piedi. Gli agenti trovarono l’auto ammaccata e risalirono al proprietario. A casa di N. A. la mattina dopo, gli agenti della Mobile trovarono 12 grammi di cocaina e l’attrezzatura necessaria al confezionamento delle dosi. All’uomo, noto nell’ambiente col nome di Lupin, venne così sequestrato il cellulare: dalle chat di whatsapp e messanger gli inquirenti risalirono al suo giro di clienti e fornitori, sequestrando tra marzo e settembre 2021 circa 250 grammi di cocaina, pari a 1.300 dosi. Molti dei suoi clienti hanno confermato in aula quanto già detto in Questura e cioè che Lupin non era il loro spacciatore ma un amico con cui erano soliti “fare festa” portando ognuno la propria dose di cocaina e consumandola insieme. Due di questi amici hanno invece dichiarato di aver acquistato in più occasioni la droga da N. A.: “Era un periodo in cui stavo male e gli avevo chiesto se sapeva dove trovare la cocaina. Lui la procurava e gliela pagavo quando me la portava. In un paio di occasioni me l’aveva anche regalata”. Più arzigogolata la deposizione della seconda testimone: dopo aver riferito in Questura di essere un’acquirente di N. A., in tribunale aveva inizialmente ritrattato dicendo di essere stata costretta a mentire dal suo ex fidanzato, per poi rientrare in aula a confermare la sua prima versione dei fatti. Prima della chiusura dell’istruttoria l’imputato aveva ammesso di essere un consumatore abituale soprattutto nei fine settimana quando si trovava con gli amici e di non aver mai venduta droga a nessuno in quanto grazie alla sua impresa edile non aveva bisogno di altri guadagni. Un’affermazione contestata dal pubblico ministero che nelle sue denunce dei redditi dell’epoca aveva visto dichiarati poco più di 5.000 euro l’anno: “Le testimonianze contro di me sono false; qualcuno si diverte a pagare le persone perché accusino altri”, aveva aggiunto l’imputato. Per il pubblico ministero Attilio Stea però i messaggi telefonici erano sufficientemente chiari per confermare le accuse: “Uno spacciatore poco professionale perché non si era curato di cancellare le chat, e se con i suoi clienti utilizzava messaggi in codice, non era altrettanto attento con il suo fornitore col quale aveva scambi piuttosto espliciti con continue richieste di droga”. Secondo l’accusa N. A. aveva la sua nicchia di mercato piuttosto fiorente anche se limitata, così come la sua capacità delinquenziale, tanto che gli era stato contestato lo spaccio nel perimetro della lieve entità e chiesto per lui la condanna a due anni e 3.000 euro di multa. Per la difesa sostenuta dall’avvocato Enrico Gallo, che ha concluso per l’assoluzione del proprio assistito, N. A. era solo un consumatore con contatti con spacciatori da cui si riforniva senza avere alcuna cognizione dei traffici che quelli facevano. I 12 grami di cocaina trovati a casa sua erano la conferma di un uso personale che avveniva insieme ad amici durante il fine settimana. Riguardo ai testimoni poi, il difensore ha sottolineato la scarsa attendibilità di persone che si erano contraddette più volte nel corso dell’istruttoria risultando davvero poco credibili. Il processo è stato rinviato al 25 luglio per le repliche e la sentenza.