I solleciti per il pagamento di bollette di luce e gas erano indirizzati a lui ma l’appartamento a cui facevano riferimento non era il suo e per questo il signor P. si era recato dai Carabinieri per sporgere denuncia a gennaio 2023, a Savigliano. Dalle indagini svolte dai militari era effettivamente risultato che il documento del signor P. era stato indebitamente utilizzato da un’altra persona, A. R. (ora rinviato a giudizio con l’accusa di sostituzione di persona), per stipulare i contratti di fornitura di luce e gas in un alloggio in cui aveva abitato fra il 2021 e il 2022 e da cui era stato sfrattato per morosità. Quando i militari gli chiesero se conoscesse questo signore, il signor P. rispose affermativamente poiché A. R. era il consulente a cui si era rivolto per ottenere il calcolo dell’Isee che gli serviva per i buoni scolastici della figlia: “In quell’occasione gli avevo dato la fotocopia del mio documento d’identità e avevo in rubrica il suo contatto telefonico per avere aggiornamenti sullo sviluppo della pratica”. Anche in questo caso i militari trovarono conferma alle informazioni fornite dal denunciante: A. R. aveva stipulato il contratto on line fornendo il documento del signor P., ma aveva dato alla società elettrica e a quella del gas il proprio numero di telefono. Anche l’amministratore del condominio confermò quanto emerso dalle indagini, e cioè che A. R. aveva abitato in quell’alloggio per circa due anni ed era poi stato sfrattato per morosità. Per il pubblico ministero Lucietta Gai il dibattimento aveva pienamente provato la responsabilità dell’imputato nel reato contestato: “Mediante uso fraudolento dei documenti del suo cliente aveva stipulato due contratti per le utenze di luce e gas in un appartamento che la vittima non aveva mai abitato, e si era sostituito a lui fino a quando la vittima non ha scoperto l’inganno e ha disdetto i contratti”. Gravato da una recidiva reiterata specifica infraquinquennale, per A. R. l’accusa ha quindi chiesto la condanna a 11 mesi di reclusione senza la concessione delle attenuanti generiche. Per la difesa invece la prova non era stata pienamente raggiunta poiché nessuno aveva chiesto all’amministratore del condominio se effettivamente l’imputato avesse personalmente abitato in quell’alloggio, così come altri dubbi erano alimentati dal fatto che l’utenza telefonica con cui era stato stipulato il contratto era in realtà intestata al figlio di A. R. Dubbi che però non sono stati raccolti dalla giudice che ha condannato il consulente saviglianese alla pena di otto mesi di reclusione.