Si è concluso con la condanna a due anni di reclusione il processo per maltrattamenti in famiglia a carico di C. R., giovane del cebano accusato dall’ex convivente con la quale aveva preso in gestione un bar ristorante a fine 2019. Dopo più di due anni di una difficile convivenza costellata di insulti, vessazioni e botte, la giovane decise di allontanarsi dall’uomo e denunciarlo alle forze dell’ordine in seguito all’ultima aggressione avvenuta una notte, a settembre 2022. Dal racconto della donna è emerso che i due stavano felicemente insieme fino a quando decisero di prendere in gestione il locale: “Avevo sempre il terrore di sbagliare qualcosa, a fine dicembre dovevamo organizzare una festa per capodanno e lui era arrabbiato perché mancavano delle cose, mi insultò davanti ai miei genitori che rimasero scioccati, poi mi seguì in cucina e mi lanciò uno sgabello di legno, feci appena in tempo a spostarmi”. Nel racconto della giovane gli insulti e le vessazioni erano all’ordine del giorno: il compagno le diceva che non valeva niente, che senza di lui non sarebbe andata da nessuna parte, che faceva schifo, fino a minacciarla di morte. Più volte la donna si era rifugiata a casa dei genitori o di amici, come quando a luglio 2020 nel corso di una discussione lui le lanciò addosso uno stendino, o durante il lockdown, quando le disse che l’avrebbe soffocata con un cuscino, l’avrebbe ammazzata e lei scappò a casa dei genitori per un mesetto. Poi seguivano i messaggi con la promessa di non farlo più e lei tornava ma le cose non miglioravano affatto, come quando durante il giorno di chiusura si trovavano a Mondovicino ma lei non si sentiva bene e chiese di tornare a casa: “Durante il viaggio di ritorno era arrabbiato e mi prese a calci e sputi, poi a casa mi spinse e sbattei le costole sui gradini di casa mentre cercavo di scappare da lui. Non voleva che uscissi, che la gente vedesse”. In aula il pubblico ministero Luigi Dentis, nel chiedere la condanna dell’imputato a due anni di reclusione, aveva ripercorso l’ultima aggressione la notte di settembre 2022, quando la donna tornò a casa dopo una serata in pizzeria con amici. Nonostante lui avesse rifiutato l’invito, l’aveva aspettata alzato e l’aveva aggredita mettendole le mani al collo e poi spingendola contro una porta. Di qui la denuncia e il processo al giovane che in udienza aveva rigettato le accuse sostenendo di non aver mai messo le mani addosso alla ragazza e che le discussioni nascevano solo per l’atteggiamento poco responsabile che la compagna aveva nei confronti dell’impegno lavorativo che si erano assunti. Alla richiesta di condanna si è associata la parte civile con l’avvocato Giorgio Giacardi il quale ha chiesto che la sospensione della pena fosse subordinata al risarcimento del danno morale patito dalla sua assistita. Di eccessiva genericità delle accuse ha invece parlato l’avvocato Marco Feno: “Si parlava di condotte che avvenivano quasi tutti i giorni, una frase impeditiva di qualsiasi difesa, ma alla fine gli episodi contestati sono solo tre e su questi sono state troppe le contraddizioni e le incoerenze riferite dai testimoni per poter dire che la prova è stata raggiunta al di là di ogni ragionevole dubbio”. Una ricostruzione che però non è stata accolta dalla giudice che oltre alla condanna a due anni, ha disposto un risarcimento di 10.000 euro per la parte civile e la sospensione della pena subordinata alla frequentazione di un percorso riabilitativo.