I giorni di Pasqua sono sempre meno coinvolgenti di quelli di Natale. Sarà perché la nascita è più affascinante della morte. O perché un neonato non parla, quindi possiamo mettergli in bocca le parole che preferiamo. O, ancora, perché a Natale, se ci teniamo ai vangeli, celebriamo un Dio che viene nella nostra umanità piccola, debole, fragile; e tutti noi ci sentiamo deboli e fragili, tante volte persino a ragione. Ma a Pasqua celebriamo un Dio che decide che il modello migliore di vita, da proporre agli esseri umani come esempio, sia quella donata per altri, vissuta per gli altri. E questo è scomodo per tutti, a partire da chi scrive.
Il nostro è infatti
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