La mistica non è certo l’esperienza spirituale più in voga in un mondo adagiato in uno sfacciato pragmatismo. Il libro di Marie Noël è così soffio liberatorio che nulla pretende, ma scandaglia gli abissi dell’animo senza sottrarsi al confronto col dolore, nel silenzio di Dio.
Il “diario intimo” testimonia questo cammino tortuoso che afferma di trovare pace in Dio, mentre sempre sperimenta la debolezza umana. Ne subisce le conseguenze in un continuo interrogarsi su se stessa e sulla propria fede. Del resto scrive: “per lavorare alla propria anima l’uomo ha bisogno di un angelo. Ed ha anche bisogno di un demonio”.
Una condizione che Marie Noël confessa fin dall’inizio quando riconosce che queste pagine nascono dalla “nera esperienza delle tenebre” allorché “Dio ha volto altrove lo sguardo”. Arriva persino a immaginare il suicidio, ma poi prevale la consapevolezza dell’inutilità di simile gesto. “Non si ucciderebbe la propria anima”. È così che si apre all’attesa sempre insidiata. Passerà infatti molte altre “notti oscure” provando quell’inquietudine interiore che interpella lo sguardo verso l’alto: “il dubbio, questa adorazione tenebrosa, si accosta tremando all’Infinito”.
Questo diario intimo è intessuto di “fogli caduti sul cammino di anni desolati”. A volte prende la forma del dialogo con sé e con Dio, altre volte diventa confessione della propria miseria, altre ancora tremanti sguardi nel proprio cuore in un abisso di cui sente di poter essere vittima. È malattia mortale che rende inquieta l’anima facendola anelare a una serenità inafferrabile a meno che non venga offerta dall’alto: “la sera del terzo giorno, dice ricordando l’ennesima esperienza di crollo interiore, l’anima dannata baciò disperatamente l’ultima croce. E dalla Croce una parola calma scese sopra di lei: E io pure bacio la tua”.
Il confronto con il dolore, il senso della solitudine e del dubbio non escludono però sguardi lucidi e pungenti. Cerca una Chiesa che “si contenti di umiltà”, usa parole sferzanti verso i predicatori “doganieri” che impediscono di entrare “nel territorio di Dio”, verso un cattolicesimo “soddisfatto, pieno di sicurezza e di certezza”. Nella liturgia sente una “nostalgia spirituale” che rifugge dalle formule latine, ma anche le ricomprende nella fede degli umili.
Quello consegnato alle pagine del diario è un cammino che spesso si perde nell’Infinito, ma insieme mai dimentica l’umano grazie a quella ferita del dubbio che si porta dentro: “non posso accontentarmi di Dio soltanto, come Paradiso. Ho bisogno di trovarci gli uomini”. Tant’è che il 31 dicembre 1940 a quel Dio che vede le mille forme di sofferenza umana fa intonare il “Te hominem laudamus”. In questo impasto di umano e divino, di altezze e umiltà Marie Noël vive il suo cammino di fede.
Vagabonda tra terra e cielo
di Marie Noël
Sanpino
euro 38