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Sabato 19 aprile 2025

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Condannato a un anno e nove mesi per stalking all’ex fidanzata

Pedinamenti, telefonate, minacce (anche con una pistola) e poi un pericoloso inseguimento sulla strada tra San Chiaffredo e Cuneo

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La Guida - Condannato a un anno e nove mesi per stalking all’ex fidanzata

Si è concluso con una condanna il processo a N. G., cittadino albanese ora espulso dall’Italia, rinviato a giudizio con l’accusa di stalking alla sua ex fidanzata che lo aveva denunciato a novembre 2021. Pedinata, minacciata, perseguitata con continue telefonate nonostante avesse cambiato numero più volte, la donna – che nel frattempo aveva intrapreso una nuova relazione – decise con il nuovo compagno di trasferirsi in un’altra regione per ritrovare un po’ di serenità. Fra gli episodi contestati all’imputato la minaccia che le fece a settembre 2020 quando, dopo che la donna aveva posto fine a quella relazione turbolenta, lui le chiese un incontro durante il quale la minacciò con una pistola, dicendo che l’avrebbe uccisa dato che lei non era “sangue del suo sangue”. Finito in carcere su denuncia di lei, l’uomo continuava a chiamarla grazie al cellulare che si era procurato illegalmente. La donna ha riferito di essere stata a lungo succube di quell’uomo che aveva molto amato ma che aveva lasciato quando aveva preso atto che ai suoi occhi lei era solo un bancomat. Nonostante dopo il rilascio dal carcere fosse stato posto a misura cautelare, l’uomo continuava a tenerla sotto controllo, pedinandola o facendola pedinare da altri: “Capivo che c’era un’auto che mi seguiva e poi lui mi chiamava per dirmi dove ero stata e cosa avevo fatto, sapeva esattamente cosa facevo e dove andavo”. Sottoposto alla misura cautelare del divieto di avvicinamento a dicembre del 2021, a gennaio N. G. si mise all’inseguimento dell’auto su cui viaggiavano la donna con il compagno e la figlia piccola di quest’ultimo; i due riconobbero l’auto e l’imputato stesso che dopo averli superati sul tratto di strada fra San Chiaffredo e Cuneo compì una serie di manovre pericolose con l‘intento di farli fermare. “Sono riuscito a tirare dritto e poi ho chiamato la Polizia”, aveva riferito in aula il fidanzato della donna. Il pubblico ministero Annamaria Clemente nell’evidenziare la presenza dell’imputato su quel tratto di strada quella sera in base ai riscontri dei tabulati telefonici, ha ritenuto provate le accuse e ha chiesto la condanna dell’imputato a tre anni e sei mesi, richiesta cui si è associata la parte civile che ha sottolineato il senso di sudditanza della donna nei confronti dell’imputato e della sua difficoltà a uscire definitivamente da quella relazione. Per la difesa invece l’istruttoria aveva evidenziato che la donna non aveva affatto paura del suo assistito e che aveva riferito delle minacce solo in modo vago, tanto da rendere quasi impossibile la loro collocazione nel tempo. Una conclusione diversa da quella della giudice che ha invece condannato l’imputato a un anno e nove mesi di reclusione e al risarcimento per complessivi 8.000 euro a favore della vittima.

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