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Sabato 12 aprile 2025

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Il Giusto cammina davanti a noi

Gesù ci precede, e consente a tutti noi di entrare con Lui nel cielo di Dio, dove possiamo cantare insieme agli angeli il canto della pace

Cuneo

La Guida - Il Giusto cammina davanti a noi
Giovanni Costetti, L’entrata di Cristo in Gerusalemme, 1926.

Giovanni Costetti, L’entrata di Cristo in Gerusalemme, 1926.

Lc 19,28-40; Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Lc 22,14-23,56

Mentre entra a Gerusalemme, la moltitudine dei discepoli, pieni di gioia accolgono Gesù dicendo: «Benedetto colui che viene, il Re, nel nome del Signore».
Alle parole delle folle, più o meno simili a quelle che leggiamo negli altri vangeli, Luca aggiunge: «Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli».
La folla di Gerusalemme sembra così rispondere al canto degli angeli, risuonato a Betlemme nella notte della natività: «Sulla terra pace agli uomini che Dio ama» (Lc 2,14). È interessante, che nella narrazione di Luca, quando il Figlio di Dio entra nella carne e nella storia degli uomini, sono gli angeli ad augurare pace alla terra. Ora, quando Gesù entra a Gerusalemme, sono gli uomini ad augurare pace al cielo.
È un modo, così può essere letto, con il quale Luca vuole far comprendere che l’ingresso di Gesù a Gerusalemme è molto di più che l’ingresso in una città. Il suo è un entrare «in cielo», nel regno del Padre: è un ritorno nella comunione con lui. Questa – secondo alcuni biblisti – è la prospettiva con la quale Luca rilegge il viaggio di Gesù verso Gerusalemme.
Al capitolo nono, quando questo viaggio ha inizio, scrive infatti l’evangelista: «mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto». Entrare a Gerusalemme significa per Gesù essere elevato in alto. In alto, sulla croce; in alto, nel cielo del Padre. E dunque, quando il figlio di Dio entra nella terra degli uomini sono gli angeli ad augurare pace alla terra. Ora che il figlio dell’uomo, Gesù di Nazaret, entra nel cielo del Padre, sono gli uomini ad augurare pace al cielo. Pace significa comunione piena, una comunione finalmente ristabilita tra il cielo di Dio e la terra degli uomini.
Accompagnando l’ingresso di Gesù con il loro canto di pace, le folle di Gerusalemme diventano partecipi di questo ingresso.
Gesù non torna in cielo, dal Padre, da solo, ma con tutti noi. Quello che promette al buon ladrone, lo garantisce a ciascuno di noi: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel Paradiso».
Questo entrare in cielo con tutti, può essere un modo con il quale coniugare un termine fondamentale per il terzo vangelo: «giustizia».
Nel racconto della Passione secondo Luca, per ben quattro volte Pilato proclama di non trovare in Gesù colpa alcuna; anche Erode rimanda Gesù a Pilato non avendo trovato in lui motivo di condanna; quando Gesù muore, il centurione esclama: «Veramente quest’uomo era giusto».
Per Luca, essere giusto è molto di più che essere innocente, senza colpa.
Gesù è giusto perché ci rende giusti, perché ci giustifica. Egli prende su di sé il nostro peccato affinché noi possiamo prendere su di noi la sua giustizia: «Il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità» (Is 53,11).
Nei quattro Vangeli, soltanto Luca cita un versetto del quarto canto del servo sofferente di Isaia: «è stato annoverato tra gli empi». Luca lo cita durante il racconto dell’ultima cena. Gesù muore tra gli empi, in mezzo a due malfattori. Prosegue Isaia: «Egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli». Gesù muore con le parole dell’intercessione sulle labbra: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Nel vangelo secondo Luca, l’ultimo personaggio che Gesù incontra nel suo viaggio, prima di entrare a Gerusalemme, non è Bartimeo, il cieco di Gerico, come accade in Marco, o i due ciechi di Matteo: l’ultimo personaggio è Zaccheo, il pubblicano, nella cui casa Gesù entra, suscitando la mormorazione dei farisei!
E con Gesù in questa casa entra la salvezza: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza… Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
In aramaico Zaccheo significa «giusto». Quest’uomo è stato tutt’altro che giusto, ha truffato, rubato. Ma Gesù entra nella sua casa per restituirlo alla verità del suo nome. Gesù rende giusto l’ingiusto Zaccheo, rende Zaccheo «Zaccheo». Entra nella sua casa così come sale sulla croce, per cercare e salvare ciò che era perduto. Cerca l’uomo persino lì, si lascia annoverare in mezzo a due malfattori, perché persino il ladrone crocifisso possa ricevere la sua giustizia.
Il cammino che conduce alla vita esige di passare attraverso una porta stretta.
Per Gesù questa porta è stata davvero stretta, stretta come il legno della croce. Ma attraversando questa porta, l’ha allargata, affinché attraverso di essa riuscissimo ora a passare tutti, a cominciare dal buon ladrone, da Zaccheo, e giù giù fino a ciascuno di noi.
Narrando l’ingresso nella città santa, Luca scrive che «Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme». Davanti a tutti. Egli ci precede, e consente a tutti noi non solo di entrare in Gerusalemme, ma di entrare con Lui nel cielo di Dio, dove possiamo cantare insieme agli angeli il canto della pace. Pace al cielo, pace alla terra.
Nella domenica della Palme si entra in chiesa seguendo la croce e il crocifisso. Nella notte di Pasqua, entreremo seguendo il cero pasquale, segno di Cristo Risorto.
Seguiamo il Crocifisso per poter seguire il Risorto.
Egli si è seduto con noi, sulla nostra stessa croce, perché noi potessimo sedere con lui, nella gloria del Padre!

Il giusto cammina davanti a noi

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