Avevano scatenato una sorta di “caccia alla donna” alla ricerca della capotreno che nel maggio 2022 aveva fatto scendere dal treno alla stazione di Lesegno un loro amico che viaggiava senza biglietto e rifiutava di indossare la mascherina; per tutta risposta il giovane minacciò la capotreno di morte e lei lo denunciò. S. R. e F. R., due cugini poco più che ventenni, decisero di vendicare l’amico andando a cercare la capotreno con tanto di foto della donna presa da un suo profilo social e per farlo si resero colpevoli, secondo l’accusa contestata dalla Procura di Cuneo, di minaccia aggravata ai danni della capotreno a cui “dovevano farla pagare” e di un macchinista, oltre al reato di interruzione di pubblico servizio. I fatti contestati sono del 24 settembre 2022 quando alla fermata di Mondovì, poco dopo le 17, i due cugini insieme a un terzo ragazzo non identificato, si affacciarono al finestrino del macchinista che era in attesa dell’autorizzazione a partire e gli dissero con fare minaccioso “di stare attento e che se non li avesse fatti salire lo avrebbero aspettato lì in stazione quella sera stessa”. Ascoltato in tribunale il macchinista ha riconosciuto i due cugini, membri di un gruppo noto per il disturbo che recava a passeggeri e personale ferroviario, oltre che per vari atti da vandalismo sugli arredi della stazione. Preoccupati per la situazione, capotreno e macchinista quando il treno arrivo in stazione alle 21, decisero di chiudere tutte le porte e lasciare scendere e salire i passeggeri solo dalla porta vicina all’automotrice, per avere un controllo migliore della situazione. Il gruppo con i due cugini si ripresentò a chiedere della capotreno mostrando la foto della donna sul proprio cellulare: “Il tono e l’arroganza con cui chiedevano della collega fu fonte di maggiore timore, iniziammo ad accumulare ritardo perché non lasciavano chiudere la porta o addirittura azionavano la maniglia di emergenza”, aveva riferito il macchinista. La stessa domanda venne poi rivolta alla capostazione che sentì pronunciare da uno del gruppo la frase “dobbiamo fargliela pagare”. La stessa minacciosa richiesta di informazioni si sarebbe ripetuta qualche giorno dopo, il 28 settembre, con un’altra capotreno che avvisò la collega minacciata, la quale era molto spaventata per la situazione e che infatti venne poi trasferita su un’altra tratta. Nonostante fossero stati riconosciuti dai testimoni, tutti dipendenti di Trenitalia, i due cugini hanno rigettato le accuse, sostenendo di essere stati confusi con qualcun altro; S. R. in particolare ha riferito alla giudice che in quel periodo lui non poteva muoversi da casa in quanto sottoposto a misura cautelare per una condanna in primo grado per spaccio di droga. “Quella linea non era il far west – ha detto nella sua requisitoria il pubblico ministero Alessandro Borgotallo -, le teste calde erano ben note e i due imputati sono stati riconosciuti da quattro testimoni. Facevano parte di quella baby gang nota a Mondovì perché su quella tratta ferroviaria disturbavano, danneggiavano, facevano scritte sui muri contro sbirri, pubblici ministeri e giudici, scrivendo che a loro nessuno li fermava”. Secondo l’accusa era stata proprio la logica del branco a indurre i due cugini a cercare la capotreno per fargliela pagare perché aveva fatto rispettare la legge. Per questo nelle sue conclusioni ha chiesto la condanna dei due imputati, F. R. a due anni e sei mesi e S. R. a due anni e sette mesi senza attenuanti e con la sospensione condizionale subordinata al pagamento della provvisionale risarcitoria nei confronti dei due dipendenti e di Trenitalia, costituiti in giudizio. A carico di F. R. è stata chiesta anche la trasmissione degli atti alla Procura per verificare la sussistenza del reato di evasione. Alle conclusioni del pubblico ministero si sono associati i tre difensori di parte civile Andrea Bratulich per la capotreno, Tiziano Lucchese per il macchinista e Gregorio Calabrese per Trenitalia. L’udienza è stata rinviata al 28 aprile per le arringhe difensive.
