Avevano dichiarato ai carabinieri, che invano cercavano di farli desistere dall’intento, che quelli non erano affari loro e che si sarebbero vendicati nono solo uccidendo chi aveva osato minacciarli, ma facendo a pazzi anche i loro figli. Per questo i due fratelli sono finiti a processo per favoreggiamento e minacce.
La cronaca dei fatti l’avevano raccontata in aula il padre dei due ragazzi che il pomeriggio del 26 dicembre 2020 si era trovato nel cortile di casa due uomini incappucciati, uno armato di pistola e l’altro con un bastone, che urlavano e gridavano minacce contro Kristian e Rolando, sostenendo di avere delle questioni da risolvere con loro. Il padre spaventato chiamò subito i figli che in quel momento non erano in casa e che si misero subito alla ricerca dell’auto su cui si erano presentati i due uomini; temendo che potesse accadere qualcosa di grave l’uomo chiamò subito anche i carabinieri che iniziarono a cercare i due fratelli. In aula il carabiniere che era in servizio alla centrale operativa aveva riferito di aver chiamato al cellulare uno dei due fratelli col numero che gli era stato dato dal padre, “gli chiesi se stava andando a Busca e se conosceva le persone che lo avevano minacciato. Lui rispose che la cosa non ci riguardava, che stava andando lì e avrebbe ammazzato tutti perchè anche lui era armato”.
Nel frattempo un’altra pattuglia era arrivata a casa dei due fratelli per raccogliere la denuncia del padre, “mentre parlavamo col padre – aveva riferito il luogotenente – arrivarono anche i due fratelli che dissero di sapere chi li aveva minacciati ma di non volerci dire chi fossero, che avrebbero risolto la questione a modo loro uccidendo i due uomini e facendo a pezzi i figli”.
Una terza pattuglia in giro per Busca si fermò nei vari locali per cercare informazioni e videro N.G. anch’egli albanese, il quale lamentava di essere stato preso a cinghiate da due uomini; forse era lui che si era presentato incappucciato e armato a casa dei due fratelli ma in mancanza di querela non fu possibile procedere. In aula Kristia aveva riferito di aver solo detto che avrebbero risolto la cosa a modo loro ma senza l’idea di fare del male a nessuno. Quel giorno lo avevano trovato al bar si erano spinti un po’ ma non lo avevano minacciato.
Per l’accusa però le contestazioni di favoreggiamento e minacce erano state provate dalle deposizioni dei carabinieri e da quanto dichiarato da loro stessi e per questo ne è stata chiesta la condanna ad 1 anno e 6 mesi. Per i difensori dei due fratelli, Michele Parola per Rolando e Fabrizio Di Vito per Kristian non era possibile parlare di reato di favoreggiamento dato che non c’era stato alcun intento solidale con la persona che li aveva minacciati, e non erano neanche state provate le minacce, dato che l’uomo trovato al bar aveva parlato di un litigio, aggiungendo che se avessero voluto ammazzarlo lo avrebbero fatto. Dello stesso avviso la giudice che ha assolto i due fratelli dall’accusa di favoreggiamento perchè il fatto non costituisce reato e dall’accusa di minacce per insussistenza del fatto.