Si è concluso con una piena assoluzione per insussistenza del fatto il processo a Matteo Monge, ex responsabile del Centro di Accoglienza Straordinaria di Racconigi tra il 2016 e il 2019, accusato di aver sfruttato lo stato di bisogno dei richiedenti asilo ospiti della struttura, obbligandoli a lavorare per una determinata azienda agricola che contabilizzava in busta paga solo una parte del loro stipendio, e di essersi intascato i 5 euro che i ragazzi pagavano per il trasporto all’azienda agricola dove lavoravano.
Con lui era stato rinviato a giudizio anche il titolare dell’azienda agricola, che aveva scelto il patteggiamento previo pagamento della quota di contributi evasa.
Aveva, invece, scelto il rito ordinario Matteo Monge, portando a testimoniare proprio alcuni degli ospiti della struttura nella speranza che dalla loro testimonianza emergesse la propria estraneità al reato contestato. È stata, infatti ,l’istruttoria a dimostrare che i richiedenti asilo non erano obbligati a lavorare per poter restare in Italia: in virtù del loro status di richiedenti asilo per motivi umanitari, non avevano bisogno di lavorare per ottenere il permesso di soggiorno e non erano quindi ricattabili nè per quanto riguarda l’obbligo di lavoro e nemmeno quindi per quanto riguarda la scelta del datore di lavoro, “erano loro che chiedevano di poter lavorare per poter mandare dei soldi alle famiglie rimaste nei paesi di origine” aveva spiegato l’avvocato Luisella Cavallo che ha assistito Monge nella difesa, “il suo ruolo era quello di mettere in contatto gli ospiti della struttura con le aziende che cercavano manodopera”.
Anche in merito al pagamento dei 5 euro per il trasporto con il pulmino dell’associazione che gestiva il Centro di Racconigi, l’istruttoria ha dimostrato che la scelta di un trasporto privato per andare e tornare dalle aziende agricole era obbligata per via dei cattivi collegamenti con i mezzi pubblici e per la pericolosità degli spostamenti in bicicletta ( proprio in quel periodo un richiedente asilo era morto investito da un’auto mentre si recava al lavoro in bicicletta). Anche se il capitolato dell’appalto non prevedeva l’uso del pulmino per questo genere di trasporti, era stato deciso tutti insieme di usarlo e che ognuno avrebbe contribuito con 5 euro per le spese di benzina e di manutenzione del pulmino; un’entrata che però non poteva essere contabilizzata e che indusse i responsabili dell’associazione ad abbandonare questa soluzione e a chiedere alle aziende di farsi carico di questo problema, tanto che infatti venne incaricata una ditta privata per il trasporto sul luogo di lavoro.
Nonostante quanto emerso dall’istruttoria, l’accusa aveva ugualmente chiesto la condanna di Monge ad un anno di reclusione, facendo più che altro riferimento al fatto che contabilizzando solo una parte dello stipendio, gli ospiti dichiaravano meno soldi di quanti in effetti percepiti e potevano continuare a restare nel Centro in quanto formalmente non autosufficienti dal punto di vista economico, creando un danno erariale per lo Stato. Una contestazione non accolta dal giudice, che ha assolto Monge con formula piena.