La Guida - L'informazione quotidiana in Cuneo e provincia

Domenica 23 marzo 2025

Accedi a LaGuida.it per leggere il giornale completo.

Non hai un accesso? Abbonati facilmente qui.

Il caso e l’indagine di Fra’ Ginepro

La sventura non è legata alla colpa, ma non è neppure scissa dalle responsabilità. Nessuno è esonerato dal convertirsi

Cuneo

La Guida - Il caso e l’indagine di Fra’ Ginepro
Il-caso-e-lindagine-di-fra-Ginepro

 

Es 3,1-8.13-15; Sal 103 (102); 1Cor 10,1-6-10-12; Lc 13,1-9

Provo ad offrire un commento al vangelo in relazione ad un romanzo. Chiedo fin da subito scusa per la lunghezza del testo.
Suggerisco la lettura di un capolavoro del Novecento: Il ponte di San Luis Rey, di Thorton Wilder, pubblicato nel 1927 vinse anche un premio Pulitzer. Per molte generazioni fu un modello di narrativa imparentata col giornalismo. Indro Montanelli ne prescriveva la lettura agli aspiranti cronisti. John Hersey lo citava come modello del suo Hiroshima, reportage che ricostruisce le vicende di sei sopravvissuti all’impatto della bomba atomica.
Arriviamo all’idea che muove la trama del racconto, simile al problema esposto dal vangelo di questa domenica.
Il 20 luglio 1714 il più bel ponte del Perù lungo la strada tra Lima e Cuzco, una passatoia di assicelle sostenuta da liane intrecciate dagli Incas, crolla senza alcun preavviso, trascinando nel baratro cinque persone che lo stavano percorrendo.
Un fraticello, fra’ Ginepro, assiste per caso alla tragedia e una domanda attraversa la sua mente: «perché proprio quei cinque? O viviamo per caso, e per caso moriamo; o viviamo secondo un piano e secondo un piano moriamo».
Fra’ Ginepro, allora, ossessionato dallo strano destino decide di indagare nella vita dei cinque, fin dentro i particolari più insignificanti, alla ricerca di un senso, per trovare una traccia che spieghi il loro coinvolgimento nella sciagura.
Fra’ Ginepro era convinto e pronto a professare ai suoi fedeli che ogni cosa è a fin di bene. E quell’«atto puro di Dio», il taglio del ponte, poteva essere l’occasione di una «matematica» dimostrazione: «se c’è un disegno preciso alla base dell’universo, lo si può scoprire in quelle vite così repentinamente troncate». Indagando voleva dimostrare attraverso le loro esistenze la giustizia di Dio, «catalogando migliaia di episodi, aneddoti e testimonianze».
Anche oggi per un incidente, un fatto di cronaca nera, una malattia, ti fai le solite domande: come mai, perché proprio loro/me, di chi è la colpa, sarà una punizione divina?
Gesù non sta al gioco delle nostre domande, anche perché non tutte hanno una riposta e poi, il sapere il perché e il come non è che rassereni più di tanto.
I galilei uccisi e le persone travolte dal crollo della torre di Siloe non erano più peccatori di altri. Così come la maggior parte di coloro che in zone di guerra oggi sono colpiti dalle bombe e dai razzi nelle loro case o per la strada non sono più colpevoli di altri, la loro morte non è una punizione.
Eppure Gesù aggiunge: «Se non vi convertirete perirete tutti allo stesso modo». La sventura non è legata alla colpa, ma non è neppure scissa dalle responsabilità. Nessuno è esonerato dal convertirsi.
La domanda del libro comunque resta: qual è la parte del caso in ciò che accade?
Roberto Alajmo nella nota introduttiva al romanzo nell’edizione Sellerio (2023), riflette su questo tema: «il caso ha sempre una parte: l’incendio di un condominio, il deragliamento di un treno o l’implosione di un sommergibile hanno ovviamente cause fisiche, sequenze di eventi che hanno portato all’incidente, ma il perché tali incidenti siano avvenuti proprio nel giorno in cui certe persone si trovavano in quel condominio, su quel treno o in quel sommergibile è una coincidenza». Accettarlo è difficile, se si pensa alla differenza tra chi è rimasto sotto le macerie e chi invece è scampato al dramma.
Era la domanda di Fra’ Ginepro: perché quei cinque erano morti e lui – che a sua volta aveva rischiato di essere sul ponte al momento del crollo – no?
Per Thornton Wilder, in sintesi, è inutile cercare un disegno, provvidenziale o meno, nel destino di ogni uomo. Non c’è nessun disegno. Per quanto si possa sforzare, l’investigatore fra’ Ginepro non riesce a risolvere il mistero.
«In fondo Il ponte di San Luis Rey può essere letto come un poliziesco dove il colpevole resta impunito e alla fine l’ordine del mondo non viene ripristinato – scrive Alajmo -. Rimane il Caos, banale anagramma della parola Caso. In definitiva bisogna rassegnarsi al fatto che molte delle cose che accadono nella vita degli uomini succedano per caso. L’indagine frustrata di fra’ Ginepro somiglia molto a una delusione che noi umani nell’epoca dei Grandi Progressi stiamo cominciando a conoscere. Così come lui cerca di ricostruire sulla base degli intrecci biografici delle vittime il disegno divino che presiede a un disastro apparentemente casuale, allo stesso modo noi stentiamo ad accettare che dietro ogni accadimento ci sia spesso solo il destino. Fra’ Ginepro si accanisce a cercare la mano di Dio e ricondurla a un progetto comprensibile, noi ci sforziamo di trovare dietro ogni evento luttuoso una responsabilità riconducibile all’uomo. Ci siamo convinti, sulla base degli enormi progressi della nostra epoca, di essere pienamente nel controllo degli eventi. Diciamola tutta: non siamo più disponibili ad accettare la nostra natura mortale».
Se dietro ad ogni disastro aereo vediamo un attentato, dietro ogni morte ospedaliera un errore medico, dietro ogni avversità un complotto contro di noi non sarà perché pensiamo sempre che ci deve pur essere, un colpevole?
La riflessione di Roberto Alajmo sembra andare nella direzione che «noi che abbiamo sconfitto gravi malattie e allungato l’aspettativa di vita come nessuno mai aveva fatto nella storia dell’umanità. Noi che immaginiamo di essere ormai pienamente padroni del nostro destino, ci pare inconcepibile dover ancora sottostare ai voleri dello stesso banalissimo Fato che presiedeva all’esistenza degli Antichi. Da qui, in fondo, nasce la nostra infelicità: dal non sapere più accettare i voleri del Fato. L’umana giustizia va esercitata senza sconti, ma è inutile sperare che possa farsi carico anche dell’incidenza del Fato».
Sembra quasi che era bello il tempo – sunteggio non so se in modo corretto il pensiero di Alajmo – in cui si diceva «non muove foglia che Dio non voglia».
Mah!
L’esperienza di Mosè ci dice che la manifestazione del Dio biblico ha la forma di un fuoco che brucia ma non consuma, una presenza che arde ma non annienta, elegge ma non sequestra. Eppure, questa rivelazione non dissipa gli enigmi nei confronti di un divino di cui non si conoscono bene le intenzioni e che, per stare alla nostra modernità, nell’abisso di Auschwitz si manifesta nel silenzio.
Ma davvero la giustizia di Dio si serve di una pedagogia tanto inconcepibile? Naturalmente no.
Gesù metterà la faccia e perderà la vita pur di smontare questo teorema e preservare la reputazione del suo Dio.
No, nessuno è tanto peccatore da meritare sciagure architettate da Dio, né esiste un dio tanto infame da ricorrere a questi mezzi. Seppure esistesse occorrerebbe prendere ogni mezzo per stargli più lontani possibile.
Eppure, aggiunge il Maestro, tra la colpa e il male c’è un segreto sodalizio che sarebbe fatale ignorare. Esiste una fine che non si evita senza conversione. Perché lascia a sé stesso chi ha deciso di non affidarsi a Dio.
Finché un giorno ci si chiederà, come tante volte, da dove è potuto venire tanto male e dov’era Dio in quel momento. Invece di chiedersi dove eravamo noi.

Il caso e l’indagine di fra’ Ginepro

La Guida - testata d’informazione in Cuneo e provincia

Direttore responsabile Ezio Bernardi / Editrice LGEditoriale s.r.l. / Concessionaria per la pubblicità Media L.G. s.r.l.

Sede legale: via Antonio Bono, 5 - 12100 Cuneo / 0171 447111 / info@laguida.it / C.F. e P.IVA: 03505070049
Aut. Tribunale di Cuneo del 31-05-1948 n.12. Iscrizione ROC n. 23765 del 26-08-2013

La Guida percepisce i contributi pubblici all’editoria previsti dalle leggi nazionali e regionali.
La Guida, tramite la Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Privacy Policy Amministrazione trasparente