Un tandem, un bambino che sogna l’avventura, un papà che lo asseconda, suo malgrado, per stargli accanto. Ecco gli ingredienti di un singolare romanzo dove la realtà lascia il posto alla fantasia, la vita al sogno, dove l’avventura dissimula un rapporti di affetto e di sincere amicizie.
All’origine il tempo sembra avere subìto d’improvviso un balzo indietro risucchiando padre e figlio. Quanti anni, quanti secoli la clessidra capovolta della narrazione lascia scorrere non è dato sapere. Come finiscano nel Medioevo immaginario della contea di Agelferna è un mistero su cui l’autore non sente di doversi dilungare. Quel che conta è il patto del raccontare, il sogno che si fa esperienza vissuta tra gioco e serietà.
“Nessun uomo è libero, sempre prigioniero di una situazione”, senza prendere troppo sul serio questa riflessione del papà, è pur vero che insieme al figlio si trova coinvolto in un’avventura da cui non riesce a uscire. Anzi, a dir il vero, presto neanche ci provano, soprattutto il bambino investito di un compito ben più grande di lui allorché viene nominato “Cavaliere del Cigno”.
Prima tutto appare come un gioco, quasi uno scherzo salvo poi dover far fronte a situazioni drammatiche. L’impegno però, da buon cavaliere, è stato preso e bisogna onorarlo.
Le avventure ad Agelferna si muovono sul piano del fantastico, territorio che l’autore attraversa strizzando l’occhio al Mark Twain di “Un americano alla corte di re Artù”, ma anche chiamando in causa le atmosfere del ciclo dei cavalieri della Tavola Rotonda, nascondendo tra le righe qualche rimando a miti e scrittori antichi o appellandosi ai valori eterni di lealtà, amicizia, giustizia. Il tutto però si stempera in un narrare che si concede anche all’umorismo, mentre tratteggia la figura paterna un po’ goffa, ma sempre amorevole capace di accogliere le provocazione del figlio.
Il cavaliere del cigno e il suo papà
di Ettore Canepa
Editrice Algra
euro 18