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Mercoledì 19 marzo 2025

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Elettricista morì sul lavoro a Busca, chieste quattro condanne

Per la morte di Daniele Peroncelli, cinque anni fa in un capannone, sono sotto accusa anche i titolari della ditta che gli affidò il lavoro in subappalto

Busca

La Guida - Elettricista morì sul lavoro a Busca, chieste quattro condanne

Quattro richieste di condanna, per tutti gli imputati chiamati a rispondere della morte di Daniele Peroncelli, avvenuta il 14 gennaio 2020 nel capannone della Trae di D. B., mentre la vittima svolgeva un lavoro in subappalto dalla Im.Q. di D. Q. e M. Q. utilizzando la piattaforma aerea di S. B., titolare di una ditta di verniciatura. Secondo il pubblico ministero Alessia Rosati tutti e quattro a vario titolo sono responsabili della morte del giovane titolare di una ditta individuale di impianti elettrici che per anni, prima di mettersi in proprio, aveva lavorato proprio per la Im.Q. e dalla quale riceveva lavori in subappalto. Peroncelli quella mattina stava cambiando alcune lampadine utilizzando una piattaforma aerea, a otto metri di altezza, e durante una manovra all’indietro urtò la nuca contro una capriata venendo poi schiacciato dal cestello. L’accusa ha ribadito che la vittima quel lavoro non avrebbe potuto farlo perché non aveva né formazione né abilitazione; i suoi ex datori di lavoro e ora subappaltatori lo sapevano perché tante altre volte, quando ancora Peroncelli era loro dipendente, gli avevano assegnato lavori da svolgere usando la piattaforma della ditta. “Una sistematica condotta di sciatteria della Im.Q. e di totale disinteresse per la salute dei lavoratori, non soltanto dipendenti, che è stata messa in atto non solo il 14 gennaio ma per anni; lo dimostra il fatto che il nominativo di Peroncelli non era nemmeno indicato come lavoratore autonomo nel cantiere della Im.Q.”, ha sottolineato la Rosati nella requisitoria, evidenziando “le capacità tecniche e organizzative del tutto inadeguate della ditta che quel giorno non aveva strumenti per lavorare in quota né dipendenti abilitati”. La piattaforma della Im.Q. era infatti stata portata via la sera prima e sul cantiere era rimasta quella di S. B., titolare della ditta di verniciatura. Peroncelli non l’aveva mai usata quella piattaforma ma ci salì lo stesso per cambiare alcune lampadine fulminate. Secondo il pubblico ministero di questa condotta irresponsabile sarebbe colpevole anche il titolare del capannone, “poiché non aveva mai controllato l’idoneità tecnica della Im.Q. a svolgere quei lavori, nemmeno riguardo ai lavoratori autonomi che operavano nel suo capannone. Trae non ha mai controllato chi veniva mandato sul cantiere – ha proseguito la Rosati – ma fu il suo titolare a chiedere quella mattina l’esecuzione di quei lavori e a chiedere si scaricare la piattaforma di S. B. per eseguirli”. Per quanto riguarda la responsabilità di quest’ultimo, titolare di una ditta di verniciatura e proprietario della piattaforma, colpevole di aver concesso in uso a Trae la piattaforma su cui è avvenuto l’incidente, una macchina elevatrice con alcuni pittogrammi sul quadro comandi che risultavano scoloriti, “con una conduzione meno intuibile per un lavoratore esperto, figuriamoci per uno non abilitato”, ha concluso il pubblico ministero chiedendo la condanna di D. Q. a tre anni e sette mesi di arresto e di M. Q. a tre anni e 14 mesi di arresto, “senza la concessione delle attenuanti generiche per la loro mancanza di collaborazione con lo Spresal e per il mancato pagamento delle sanzione e del risarcimento nei confronti della famiglia della vittima, che lasciò una bambina di due anni”. Danno invece risarcito dagli altri due imputati, nei confronti dei quali era stata infatti ritirata la costituzione di parte civile, e per i quali l’accusa ha chiesto la condanna a due anni di reclusione. Proprio l’avvocato di parte civile Vittorio Sommacal, ha parlato di disprezzo delle regole da parte dei titolari della Im.Q., “consapevoli di poter creare danni gravi; è indubbio che si sia un concorso di colpa da parte del Peroncelli, autonomo da poco che aveva bisogno di lavorare; qui non c’è colpa in vigilando, ma abbiamo dei datori di lavoro che concordano la violazione con il lavoratore”. Il 30 maggio è prevista l’arringa delle difese.

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