Vero che non è da tutti percorrere gli spazi artici, ma il piccolo libro di Franco Micheli è ben lungi dal porsi come, invidiata, guida turistica, nonostante faccia più volte riferimento a precisi luoghi. L’intento è piuttosto invitare ad aprirsi allo stupore dei paesaggi, anche e soprattutto quelli quotidiani. L’orizzonte non è la meta evanescente, bensì porta aperta sul mistero di ciò che sta oltre, una promessa per il futuro distesa nello spazio.
Per vivere questa sensazione bisogna uscire dal paesaggio cartografato, registrato, ingabbiato, nelle coordinate del Gps, per mettersi invece alla ricerca dello “spazio incerto” proprio lì oltre l’orizzonte Può forse meravigliare che a dirlo sia un geografo, per professione aduso a fare i conti con riferimenti stabili e condivisibili. Una cosa è però lo studio e un’altra è il piacere del viaggio.
Del resto il muoversi nel paesaggio è connaturato a ogni essere vivente. Fa parte del nostro patrimonio genetico arricchendolo di informazioni relativi a pericoli, sensazioni utili anzitutto per affrontare gli ostacoli. L’esplorazione è alla base dell’evoluzione. “Immersi nell’ignoto” gli uomini sperimentano certo la paura, ma hanno irrobustito nel tempo anche lo spirito di sopravvivenza.
In questo senso l’esperienza dell’ignoto ha qualcosa da dire anche sulle sofferenze del pianeta: non “mettere personalmente alla prova ciò che si sa, e altro che ancora non si sa, rende incapaci di intravedere dove porta nel tempo il proprio stile di vita”.
Quel mistero che poteva incutere timore può diventare oggi anche occasione individuale di meraviglia. Affidarsi talvolta al caso, uscire dai sentieri sicuri e stabiliti da altri per fare esperienza di avventura, per l’autore è possibilità di sperimentare la bellezza del paesaggio.
Certo bisogna essere armati di pazienza ed esperienza, anzitutto per evitare guai e poi per osservare e leggere quei riferimenti che la natura mette a disposizione. Sono le pieghe del paesaggio, i piccoli rilievi come gli avvallamenti, la vegetazione e soprattutto la volta celeste. L’ambiente osservato a distanza ravvicinata diventa un “quadro divisionista” scomposto in un’infinità di particolari da utilizzare.
È l’esperienza del sentirsi “trovati dall’inaspettato”. Chissà che l’attesa sia un atteggiamento non solo umano: tutto il paesaggio sembra lì, in attesa della presenza dell’uomo, che l’occhio si accorga dei suoi elementi. La meraviglia è la risposta dell’uomo a questa attesa che vive il mondo.
Non è però solo questione di emozione fuggevole. C’è, secondo l’autore, una dimensione spirituale di questo confronto con l’ignoto che si sta perdendo. Per un verso è sentirsi al cospetto di un’immensità viva in cui molte culture hanno ravvisato la presenza di spiriti. Per l’altro è anche il ritrovarsi parte di una vita da incontrare e rispettare
La vocazione di perdersi
di Franco Micheli
Editrice Ediciclo
euro 9,5