Con gli ultimi testi della difesa, sta per avviarsi a conclusione il processo che vede M.M., responsabile dal 2016 al 2019 del Centro di accoglienza straordinaria per richiedenti asilo gestito dalla cooperativa Liberi Tutti, accusato di sfruttamento della manodopera per aver costretto i giovani ospiti stranieri a lavorare per aziende da lui indicate pena l’estromissione dal Centro, e per essersi intascato i 5 euro che gli ospiti pagavano per essere accompagnati sul luogo di lavoro.
Con lui era stato rinviato a giudizio il titolare di una delle ditte di raccolta frutta, accusato di aver pagato in nero una parte del compenso spettante ai lavoratori, segnando in busta paga un numero di ore inferiore a quelle effettivamente lavorate. L’uomo ha patteggiato la pena previo pagamento della quota di contributi evasi.
Per quanto riguarda l’accusa di aver costretto i richiedenti asilo a lavorare per le ditte da lui indicate pena l’estromissione dal Centro, è emerso però dall’istruttoria che erano gli stessi ospiti del Centro a chiedere con insistenza di poter lavorare, per guadagnare qualcosa e spedire i soldi alle famiglie che erano rimaste nei loro Paesi di origine; il responsabile del Centro li avrebbe solo messi in contatto con le aziende che cercavano manodopera. Il fatto che inizialmente fossero quasi tutte aziende agricole di raccolta frutta era dovuto alla loro scarsa conoscenza della lingua italiana, “in seguito vennero fatti inserimenti lavorativi anche in altri tipi di aziende di Racconigi”, aveva spiegato l’imputato, il quale aveva anche chiarito che i richiedenti asilo in virtù del loro status di rifugiati, poiché perseguitati nei loro Paesi di origine, non avevano bisogno di dimostrare di lavorare per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno. Una circostanza confermata nel corso dell’ultima udienza dalla funzionaria della Prefettura, che proprio di richiedenti asilo si era occupata fin dall’inizio della creazione dei Cas e dal sovrintendente della Questura che nell’ufficio immigrazione lavorava proprio nella sezione dei richiedenti asilo e che ha descritto il responsabile del Centro di Racconigi come una persona molto costante e precisa nella gestione del rinnovo dei permessi di soggiorno.
“Mi ha aiutato a trovare lavoro, così mandavo i soldi alla mia famiglia in Pakistan – ha riferito al giudice uno degli ospiti chiamati a testimoniare – non parlavo bene l’italiano e andai a lavorare in agricoltura. Per quanto riguarda il trasporto facemmo una riunione tutti insieme per decidere come organizzarci. Per un anno usammo il furgone del Centro, ci accompagnava un operatore e pagavamo 5 euro al giorno per la benzina e la manutenzione”. Anche questa circostanza era stata confermata da altri ospiti chiamati a testimoniare e dallo stesso M.M. che aveva anche spiegato che a quella soluzione temporanea si era arrivati in considerazione della difficoltà di raggiungere alcune aziende con i trasporti pubblici e dell’alto costo delle aziende private che erano state contattate. I soldi venivano usati per le spese di gestione del pulmino e ciò che avanzava per le spese extra del Centro, un gelato o dei datteri da mangiare tutti insieme. Restava però una spesa non rendicontata e dopo un anno si decise che a organizzare il trasporto sarebbero state direttamente le aziende che assumevano i giovani e che il pagamento lo avrebbero gestito i datori di lavoro.
L’indagine aveva preso avvio dalla protesta che i residenti del Centro avevano messo in atto a novembre del 2020 e che richiese anche l’intervento dei Carabinieri. “Incontrammo in Prefettura una loro delegazione – aveva ancora riferito in aula la funzionaria – erano tre ragazzi, e le loro lamentele erano le stesse che si verificavano un po’ in tutti i centri di accoglienza e riguardavano i ritardi nel rilascio dei permessi di soggiorno o nella consegna del pocket money, il vitto o la mancanza del wifi negli alloggi. Molto spesso erano proteste che riflettevano la loro difficoltà ad adeguarsi alle regole imposte dalla vita di comunità. Uno dei ragazzi si era anche scusato perchè con quella protesta avevano un po’ esagerato. Non ricevemmo però proteste contro il responsabile del Centro”.
L’udienza è stata rinviata per la discussione e la sentenza.