Malmenato e derubato senza alcun motivo da due ragazzi sconosciuti; la brutta esperienza è capitata a un giovane di origine marocchina che nel settembre 2022 abitava in una stanza in affitto in un residence a Roccabruna. La sera del 5 settembre aveva invitato due amici a cenare con lui. Dopo mangiato i tre stavano giocando alla playstation quando sentirono voci alterate provenire dal corridoio. Uno dei ragazzi che era con la vittima aveva riconosciuto la voce di un suo amico e quando quello bussò lo fece entrare: “Entrò nella stanza con irruenza – ha riferito in tribunale la parte offesa costituita in giudizio – e mi aggredì. Dalle urla nel corridoio avevo capito che era arrabbiato perché i Carabinieri lo cercavano, però appena entrato se la prese con me e mi colpì al volto. Cercai di difendermi ma sentii alle mie spalle due persone che mi trattenevano. Uno molto grosso mi afferrò per il collo e il primo che era entrato iniziò a lanciarmi tutto quello che trovava nella stanza, bicchieri, stoviglie, un grosso piatto in terracotta”. I due a cui si riferiva la vittima dell’aggressione sarebbero M. M. e W. B. S., imputati per rapina e lesioni al tribunale di Cuneo. Tra i vetri delle bottiglie che gli vennero scagliate contro, i calci e i pugni presi nella selvaggia aggressione, il giovane riportò varie ferite e contusioni che vennero refertate all’ospedale e giudicate guaribili in sette giorni: “Mi volevano dare due settimane di prognosi ma io ero in prova con il mio nuovo lavoro e non potevo assentarmi troppo e chiesi di scrivere solo sette giorni”. Il terzo ragazzo che era entrato, e la cui posizione è stata trattata separatamente, aveva contribuito impedendo a uno dei due amici di intervenire in soccorso della vittima; ascoltato dal collegio dei giudici l’uomo ha confermato la dinamica dell’aggressione da parte dei tre ragazzi che anche lui non conosceva se non di vista. Dopo le botte i due aggressori portarono via vari oggetti dalla stanza, tra cui la playstation con videogiochi e controller, cento euro in contanti e un caricatore, per un totale di circa 350 euro. Quando il giovane rientrò nella propria stanza qualche giorno dopo i fatti, la playstation era di nuovo al suo posto mentre mancavano altri oggetti tra cui degli indumenti. Prima di andare via M. M., il ragazzo che era entrato per primo nella stanza, minacciò la vittima di non andare a denunciare altrimenti lo avrebbe poi cercato e ucciso, lui e la famiglia. Il giovane invece si recò dai Carabinieri per sporgere querela e in seguito a questo gesto iniziò a ricevere per alcune settimane messaggi sia scritti sia vocali sul suo cellulare: “Non so chi gli aveva dato il mio numero di telefono ma mi diceva che dovevamo vederci per chiarire. Poi i messaggi divennero più pressanti e minacciosi, diceva che se denunciavo sarebbe venuto a cercare me e la mia famiglia”. I Carabinieri sentiti in aula in merito alle indagini svolte hanno riferito che il telefono da cui erano partiti quei messaggi minatori era intestato alla madre di M. M. ma era in uso a lui: “Un anno prima era venuto a sporgere denuncia di smarrimento del documento – ha riferito il comandante della stazione di Dronero – e in quell’occasione ci indicò come numero per reperirlo proprio quello da cui sono partite le minacce”. All’altro aggressore W. B. S. gli inquirenti erano risaliti perché spesso girava in compagnia di M. M. ed era lui il ragazzo con il tatuaggio sul braccio sinistro che la vittima del pestaggio riconobbe in foto. L’udienza è stata rinviata per ascoltare gli ultimi testimoni dell’accusa.