In casa faceva osservare la disciplina anche con gli schiaffi ma molto più spesso insultando e schernendo i figli, se non sapevano svolgere correttamente i compiti o se non portavano a termine i lavori manuali assegnati (non pochi, in quella cascina nel saluzzese con cavalli, galline e un allevamento di cani). Anche alla moglie, accusata di non dedicarsi alla pulizia della casa e di non saper imporre alcuna regola ai figli, erano riservati schiaffi e calci. Lui però (M. P., operaio specializzato per lunghi tempi in trasferta anche all’estero) a casa c’era poco e quando tornava e scopriva che moglie e figli non avevano svolto i lavori assegnati, si arrabbiava e li puniva, o li picchiava. La moglie intanto, una donna di origine russa, lasciata sola in quella cascina isolata, senza alcuna rete di amicizie e rapporti sociali, era caduta in depressione lasciando andare alla deriva sia la gestione della casa sia dei figli, che sempre più spesso non andavano a scuola. Al ritorno da una delle sue trasferte di lavoro, l’uomo scoprì le numerose assenze da scuola del secondo figlio, un bambino con importanti disturbi dell’apprendimento che il padre continuava a negare accusandolo di essere svogliato e per questo imponendogli le sue punizioni, come correre intorno a casa e fare degli esercizi fisici, ritenendolo un buon metodo per imparare la disciplina. In una di queste lezioni di disciplina gli diede uno schiaffo perché la camera era in disordine e lo aveva poi costretto a togliere l’ortica da un muretto vicino casa senza guanti. Sia lui sia la sorella più grande avevano riferito della pesantezza di quella convivenza. La primogenita in particolare aveva subito più dei fratelli quelle punizioni e quei divieti, tanto da perdere anche la passione per l’allevamento e l’addestramento dei cani o per il decoro della casa: “Non curavamo la casa perché non ce ne importava niente, dato che non potevamo uscire né fare niente”. Di sfinimento a livello morale aveva parlato la moglie che in varie occasioni era stata presa a schiaffi per le proprie mancanze come madre e casalinga. Uno di questi schiaffi le ruppe il timpano; quando al ritorno da una trasferta trovò la casa in condizioni tragiche dal punto di vista dell’igiene l’aveva spinta a terra e malmenata. Fu quello l’ultimo episodio prima della denuncia e dell’allontanamento di madre e figli che vennero collocati in una casa accoglienza. Al termine del processo che lo vede imputato di maltrattamenti nei confronti dell’ex moglie e di abuso di mezzi di correzione nei confronti di due dei figli, il pubblico ministero ne ha chiesto la condanna a due anni e un mese, mentre la parte civile ha chiesto una provvisionale risarcitoria di 10.000 euro per la madre e 5.000 euro ciascuno per i due figli rappresentati in giudizio. Per la difesa l’uomo era però solo una persona “squadrata” che poneva regole là dove si rendeva conto che non ce n’erano assolutamente. Un padre preoccupato per l’andamento scolastico dei figli e che aveva cercato di porre rimedio pagando un amico che tutti i giorni accompagnasse i figli a scuola. Un padre che negli ultimi anni ha instaurato un bel rapporto con i figli che volentieri si recano da lui nel fine settimana e che non ha mai fatto mancare i soldi per il loro mantenimento. L’udienza è stata rinviata per le repliche e la sentenza al 26 febbraio.
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