Prosegue al Tribunale di Cuneo il processo per violenza sessuale a carico del neurochirurgo con studio medico in città, accusato da una giovane paziente che si era rivolta a lui per risolvere il problema del forte dolore alla schiena che la affliggeva da mesi. Nel corso di quella visita del novembre 2021 il medico le aveva inizialmente toccato senza guanti le parti intime. Non era la prima volta che la donna incontrava quel medico a cui era arrivata attraverso il proprio fisioterapista che già da qualche tempo la seguiva. Lo studio dei due si trovava nello stesso centro medico e il fisioterapista le aveva consigliato la visita specialistica. Ad ottobre la donna si presentò al medico con la madre e il fisioterapista che si trattenne giusto il tempo di stabilire quali esercizi far fare alla paziente e la visita proseguì normalmente, con la donna sdraiata sul lettino e il medico che praticava pressioni nella parte lombare e di articolazione delle anche. Dopo averle prescritto antidolorifici che non sortirono alcun effetto e una risonanza magnetica, i due si rividero per commentare il referto dell’esame svolto e per capire come proseguire la terapia. Il medico aveva un atteggiamento amichevole commentando il nuovo taglio di capelli della paziente, le dava del tu e la fece spogliare e sdraiare. Dopo aver ripetuto le manovre della visita precedente, il medico disse di aver avuto un’idea e iniziò a sfiorare con le dita le gambe della donna a partire dai piedi chiedendole se sentiva differenza nella sensibilità fra destra e sinistra. Poi arrivò alla zona inguinale e senza guanti toccò la parte esterna dei genitali, poi infilò i guanti e toccò in modo deciso la parte interna della vagina. Nessun avviso su quel che stava facendo e perchè, nessuna richiesta di consenso che potesse aiutare la donna a predisporsi a quel genere di ispezione e che, come riferito ai giudici del collegio, rimase pietrificata, tremante, impaurita, incapace di reagire ad una situazione che non riusciva a capire. Al termine il medico non stilò alcun referto, non volle essere pagato, diede alla donna il proprio numero di cellulare invitandola a mandargli dei messaggini per non farlo preoccupare e la salutò con una carezza sulla testa. Sconvolta per l’accaduto la donna si rivolse ad una psicologa, alla propria ginecologa e al medico di base per capire se quello che era accaduto era lecito, se quella che aveva subito era una visita medica o una violenza sessuale e quando ebbe la conferma che quello che era accaduto non era normale denunciò il medico. In Tribunale è nel frattempo emerso che un fatto analogo era accaduto 10 anni prima ai danni di una giovane professionista che aveva conosciuto il medico durante il lungo ricovero in ospedale che aveva avuto per un incidente domestico. Gli inquirenti sono arrivati a lei perchè conosceva sia la vittima che sua madre; fu proprio quest’ultima a raccontarle cosa era accaduto alla figlia e la professionista le rivelò di aver subìto anche lei le spiacevoli attenzioni del medico.
“Durante il mio ricovero veniva tutti giorni a vedere come stavo e anche dopo le mie dimissioni portava al mio studio i referti medici dei vari esami che avevo svolto durante la degenza, tanto che dovetti recarmi alla segreteria del reparto di neurochirurgia per chiedere di mettere da parte i miei referti in modo che non fossero visibili nella pila insieme a tutti gli altri e loro capirono subito a cosa mi riferivo ”. Un giorno il medico si presentò al suo studio di benessere della salute fisica e alla donna che lamentava un forte dolore alla schiena propose di visitarla, “ero distesa prona sul lettino, la sua mano scivolò lungo la schiena fino alle parti intime. Non aveva detto nulla, io lo feci subito smettere mi alzai e lo cacciai insultandolo”. Il medico però si ripresentò dopo circa un anno allo studio e appena la donna aprì la porta, la baciò sulle labbra e se ne andò subito dopo senza dire nulla. I tentativi di contatto sia di persona che attraverso messaggi telefonici da parte del medico proseguirono fino a quando, qualche anno dopo, la professionista non gli disse di smetterla altrimenti lo avrebbe denunciato; “non avevo sporto querela perchè mi ero sentita stupida ad essermi ficcata in quella situazione e quando la madre della ragazza venne a dirmi che sarebbero andate da quel dottore feci una smorfia di disapprovazione invitandole a cercare qualche altro medico. Quando poi la madre mi raccontò quello che era accaduto nella visita con lui mi rammaricai, pensai a quante donne in quegli anni potevano aver vissuto quella esperienza e le dissi che forse avrei dovuto denunciare all’epoca”.