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Giovedì 30 gennaio 2025

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Truffa, vuole vendere per 200 euro ma in realtà ne paga 2.050

Quattro persone a processo per l'accusa di concorso in truffa, ma per tre scatta l'assoluzione: in giudizio non è stato portato il contratto di attivazione delle carte ricaricabili

Boves

La Guida - Truffa, vuole vendere per 200 euro ma in realtà ne paga 2.050

Avrebbe dovuto guadagnare 200 euro dalla vendita di una macchina impastatrice e di un’altra per fare la passata di pomodoro e invece si ritrovò derubato di 2.050 euro. All’annuncio pubblicato on line aveva risposto un tale signor Andrea che si era subito mostrato molto interessato all’acquisto di entrambi i macchinari e si era accordato col venditore per il prezzo di 200 euro. Quello che accadde dopo, nella giornata del 26 febbraio 2021, è ormai noto come il raggiro della ricarica della Postepay: all’uomo venne consigliato di recarsi allo sportello Postamat più vicino e di eseguire le istruzioni che avrebbe ricevuto per telefono, così da ottenere la somma pattuita ricaricata sulla propria carta.
In realtà digitando i numeri che gli venivano indicati dallo sconosciuto signor Andrea, l’uomo effettuò ben sette ricariche su quattro diverse carte di debito. Così 750 euro finirono sulla carta intestata a K. A., altri 500 andarono sulla carta di F. S., altri 500 euro sulla carta di C. M. e 300 su quella intestata a C. S., l’unico con precedenti specifici infraquinquennali per truffa. I quattro sono stati tutti rinviati a giudizio con l’accusa di concorso in truffa. Tramite le Poste si era risaliti agli intestati delle carte, per i quali l’accusa a conclusione dell’istruttoria ha chiesto la condanna: 8 mesi e 1.000 euro di multa per K. A., F. S. e C. M., mentre per C. S. considerati i suoi precedenti è stata chiesta la condanna a un anno con 3.000 euro di multa. Per le difese dei quattro però l’istruttoria non aveva chiarito in modo incontrovertibile la responsabilità degli imputati, soprattutto per i primi tre, di cui non era neanche stato prodotto il contratto di attivazione delle carte che avrebbero potuto essere state sottoscritte a loro insaputa. Il giudice ha infatti accolto questa conclusione assolvendo K. A., F. S. e C. M. dall’accusa, mentre ha condannato C. S. alla pena di dieci mesi di reclusione e 1.000 euro di multa.

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