Si era recato presso un Caf cuneese per svolgere delle pratiche e gli venne consigliato di fare richiesta del reddito di cittadinanza. È così che K. A., cittadino straniero in Italia da sei anni, è finito a giudizio con l’accusa di truffa, avendo percepito per più di un anno un sostegno economico a cui per la legge non aveva diritto in quanto spettante solo ai cittadini stranieri residenti in Italia da almeno dieci anni. In quell’arco di tempo, fra il 2021 e il 2022, l’uomo ricevette più di 6.000 euro, soldi che per l’accusa non gli spettavano, recando così un danno ingiusto alla collettività. Secondo il pubblico ministero l’uomo non poteva non sapere che gli mancavano ancora quattro anni per poter accedere al contributo e per questo era da considerare colpevole di truffa, con una pena richiesta di 16 mesi di reclusione. Per la difesa invece l’istruttoria aveva dimostrato che l’uomo si era rivolto al Caf per tutt’altro motivo e fu l’impiegato a suggerirgli di presentare la domanda per il reddito di cittadinanza. La scarsa conoscenza dell’italiano e delle norme aveva prodotto così l’errore dal quale il proprio assistito andava assolto per totale mancanza dell’elemento soggettivo. Inoltre la norma che fissava i criteri per determinare la platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza era nel frattempo stata dichiarata illegittima dalla Corte di giustizia europea, nel pronunciamento di luglio 2024. Proprio per questo il giudice ha assolto l’uomo per insussistenza del fatto.