L’ultimo episodio di violenza contro la moglie era stato ripreso nel novembre del 2021 dalle telecamere che la stessa coppia aveva installato in cucina per motivi di sicurezza, ma già da molto tempo la donna aveva raccontato di subire ingiurie, minacce e violenze dall’ex marito, soprattutto da quando era nato il loro figlio nel 2020. Fu quell’ultima lite a indurre la donna a rivolgersi ai Carabinieri, dopo aver per molto tempo rinunciato a chiedere aiuto, intimorita dalle minacce del marito che le diceva che le avrebbe tolto tutto, anche il figlio. Un’ultima lite scatenata dalla richiesta della donna di essere accompagnata dal marito ad una visita medica per il bambino; nelle registrazioni, contestate dalla difesa perchè tagliate in modo da favorire l’accusa, si vedeva l’uomo che lanciava contro la moglie un cellulare e poi un altro oggetto, le urla, fuori dall’inquadratura, della donna che lamentava di essere stata spinta contro il frigorifero e con la testa sbattuta contro un mobile: “ero bloccata, non riuscivo a muovermi, quando mi ha lasciata andare mi ha dato una ginocchiata alle costole”. Delle violenze era però stata messa al corrente la sorella, alla quale già nel precedente mese di aprile aveva inviato un messaggio in cui le raccontava che in preda all’ira lui aveva spaccato la porta della camera da letto dove si era rifugiata e la sua foto con il labbro ferito, una lesione provocata mentre lei aveva in braccio il figlio piccolo.
In aula la donna aveva riferito di un progressivo isolamento da tutti i suoi affetti e della sofferenza patita per gli insulti e le violenze psicologiche, come quando lui non rinunciò ad un giro in bicicletta mentre lei stava avendo un aborto spontaneo.
Da parte sua l’uomo ha negato ogni addebito, ribaltando le accuse contro la ex moglie, talmente gelosa da averlo isolato da tutti gli amici e i parenti molti dei quali non poterono andare al matrimonio ed ebbero i primi contatti con il bambino solo dopo la separazione dei due, “quel giorno era stata lei a scagliarsi contro di me, io l’ho solo spinta per allontanarla, poi lei si è accasciata fingendo un dolore al ginocchio”.
Per l’accusa, che ha chiesto la condanna a 5 anni di reclusione, tutti gli episodi contestati erano stati provati, in un quadro familiare fortemente compromesso dagli episodi di violenza e in cui la donna, come spesso accade in queste situazioni, sentiva la responsabilità della prospettiva della disgregazione del nucleo familiare. Alla richiesta di condanna si è associato l’avvocato Gianmaria Dalmasso per la parte civile, chiedendo un risarcimento di 50mila euro.
Per l’avvocato Nicola Dottore, invece, il processo non aveva provato una sola delle accuse lanciate contro il proprio assistito, poiché dei racconti fatti dalla donna riguardo gli insulti, le vessazioni e le minacce non c’era una sola prova oltre al racconto della donna. Di concreto solo un episodio registrato dalle telecamere di cui, secondo la difesa, erano stati prodotti solo alcuni frammenti idonei a sostenere l’accusa, ma che risultavano incongruenti rispetto alle accuse di lesioni lamentate dalla parte civile. Solo liti, quindi, in una coppia che era in procinto di separarsi ma che dopo il divorzio era riuscita a gestire in modo responsabile le necessità del figlio.
Una ricostruzione che però non ha convinto i giudici, che hanno condannato l’uomo a 3 anni e 10 mesi con una provvisionale risarcitoria a favore della ex moglie di 10mila euro, oltre al divieto di allontanamento dalla regione.